Autobiografia (L’Apostola dell’Amore)

Introduzione all’edizione italiana dell’autobiografia

di Maria Maddalena Marcucci Passionista

Maria Giuseppina Teresa Marcucci, figlia di Casimiro e Sara Simi, nacque il 24 aprile 1888 a S. Gemignano di Ponte a Moriano, a pochi chilometri da Lucca, e morì a Madrid, nel monastero passionista da lei fondato, il 10 febbraio 1960. Fu la terza di 4 sorelle, la «più amata e preferita di tutte», dopo che il padre si decise di darle il primo bacio. Il 27 giugno del 1907, giorno della sua vestizione religiosa da passionista, in segno di novità di vita volle prendere il nome con il quale ormai è conosciuta in tutto il mondo: Maria Maddalena di Gesù Sacramentato.

L’autobiografia che presentiamo in lingua italiana riprende integralmente e riproduce fedelmente in tutto l’edizione spagnola, curata da P. Arturo Alonso Lobo, Domenicano, e pubblicata nel 1971 con il titolo: Apóstol del Amor. Autobiografía de Jesús Pastor (M. Maria Magdalena de Jesús Sacramentato, C. P.). Trattandosi di una «autobiografia» è superfluo diffondersi in notizie sulla vita, figura e opera dell’autrice, perché saranno offerti abbondantemente dalla protagonista medesima. Inoltre nella presentazione, preparata da P. Arturo Alonso Lobo (riportata integralmente proprio per il suo eccezionale valore anche se alcuni dettagli potevano essere aggiornati e adattati alla situazione italiana), il lettore troverà altre informazioni che gli permetteranno non solo di ambientare tanti dati storici, ma anche di apprezzare e soprattutto far proprio il messaggio di grazia, di cui Maddalena volle farci dono, scrivendo la sua storia spirituale.

In apertura alla sua autobiografia presenta il fine della sua vita, così: «Io sono nata per amare Dio e per farlo amare». E spiega: «Ma, nessuno pensi che poiché io chiamo mio fine l’amare e il far amare Dio, solo a me appartenga il compierlo. No; tutti siamo nati per questo; io lo chiamo mio perché da me il Signore lo chiede in un modo particolare e perciò mi ha dato grazie speciali. Ma tutti, senza dubbio, abbiamo questa grande beatitudine di essere venuti al mondo solo per conoscere, amare e servire Dio in questa vita e goderlo per sempre nell’altra. Felice soltanto chi lo compie!». Maddalena Marcucci per mezzo della sua autobiografia ha inteso raccontarci come lei ha imparato la cosa più grande e più importante di tutte, quella di amare: amare Dio e amare gli uomini, tutti, senza eccezione come fratelli. Scrive: «All’inizio della mia vita spirituale tutto mi sembrava amore; oggi l’amore è tutto per me».

Prima di giungere a fare il voto d’amore e divenirne apostola dovette però compiere parecchia strada e passare attraverso varie maturazioni personali, anche se propriamente fin dalla sua professione religiosa, emessa in forma privata il 22 luglio 1906, possedeva già tale intuizione spirituale, tanto che fin da allora avrebbe voluto consacrarsi all’amore.

Innanzitutto, come ogni altra persona, dovette incominciare ad occuparsi di se stessa e maturare alla luce del vangelo e della devozione mariana la sua femminilità nei termini di tenerezza e totalità. Nella autobiografia si incontrano preziosi accenni alla sua straordinaria devozione alla Madre del Signore e indicazioni concrete per saperla valorizzare quale fonte di sapienza celeste, esperienza di consolazione e dono di accompagnamento e di protezione.

In secondo luogo per far trionfare la grazia anche per lei fu necessario affrontare e superare la fase dell’adagiarsi e dell’accontentarsi, in una parola della mediocrità. Le obiezioni che Maddalena poneva a se stessa quando sentiva nascere dal suo interno il bisogno di un cammino di finezza spirituale, di qualcosa in più rispetto a quello che già la vita normale e quotidiana richiede, erano più o meno sempre le stesse e si riducevano a richiamarla al buon senso, ad essere ragionevole, al non voler esagerare, e in ultimo si concentravano nella provocazione: «Perché tormentarsi per qualcosa di diverso, quando è già tanto fare bene il proprio dovere quotidiano?». Le risposte che le venivano fornite, quando chiedeva consiglio su come in concreto amare di più, erano più o meno sempre le stesse: «Basta la norma». L’esperienza dice che chi vuole troppo corre il rischio di rovinare tutto. Si dà il caso anzi non infrequente che chi vuole il massimo sia poi o diventi peggiore degli altri che cercano di seguire la via normale.

Solo con il tempo Maddalena riuscì a trovare la giusta soluzione, che le permise di accogliere la chiamata del Maestro interiore che la invitava alla generosità, evitando di cadere negli errori paventati, come quello di battere un cammino mancante di equilibrio e di razionalità o di perdere la salute o altro. La lotta per non accontentarsi della mediocrità fu lunga e fu una lotta per non rinunciare all’amore perfetto. La vittoria sulla mediocrità, essendo stata una tappa e una conquista molto importante, viene annotata da Maddalena sotto forma di voto. C’è da rilevare che propriamente tutte le tappe fondamentali di maturità e le conquiste molto importanti, che nella sua storia spirituale arrivano a porsi quali punti fermi di pensiero e di azione, vengono annotate da lei sotto forma solenne di voto.

Scrive: «Lo stesso giorno che feci il voto, appuntai come ricordo quello che segue: «Sabato 12 dicembre 1919 = Il trionfo della grazia». Quel giorno per me segna una nuova vita. L’amore di Gesù ha trionfato. Il voto è fatto e Gesù è contento perché ha ottenuto quello che mi chiedeva da molto tempo. Se sarò fedele a Gesù, il suo amore farà grandi cose sulla mia anima. Dopo essere stata fortificata da Lui con il mare della sua dolcezza, come non amarlo? Come non seguirlo? Oh sì, lo seguirò con fortezza sulla via del Calvario!…». Ma con acuto senso realistico aggiunge: «In questa terra la nostra perfezione consiste nel cercarla sempre, lottando e faticando senza riposo in ogni tempo e luogo fino all’ultimo istante della nostra vita. Allora la misericordia divina coronerà, non la nostra perfezione, ma i nostri costanti sforzi nel cercarla faticando e soffrendo in questo per amor di Dio».

Dopo la vittoria sulla mediocrità, Maddalena poté con sempre maggiore armonia tra progetto e azione e con sentimenti di consistenza di personalità santa dedicarsi a raggiungere la maturazione più alta della sua vita quella del servizio al Dio Amore, attuando insieme la sua vocazione specifica passionista, quella di fare continua memoria della passione del Signore Gesù.

Anche se forse a prima vista non sembra, le due maturazioni conclusive offerte da Maddalena Marcucci nella sua autobiografia spirituale: croce e amore, sono talmente unite da formare un tutt’uno inscindibile. In questo Maddalena chiaramente porta avanti l’esperienza luminosa del grande mistico della passione, san Paolo della Croce (1694-1775), fondatore degli Istituti Religiosi dei Passionisti e delle Passioniste, di cui anche Maddalena Marcucci faceva parte. Come lui anche lei in maniera precisa e splendida concepisce la spiritualità della passione quale spiritualità del puro amore. Il vangelo della croce, colto nel suo nucleo rivelativo e salvifico essenziale, non è altro che il vangelo dell’amore di Dio. Gesù con la sua passione, morte e risurrezione non solo si è accreditato Signore e Messia dell’umanità, ma ci ha rivelato anche che Dio è assoluto amore, e per dimostrare che ama tutti e vuole tutti salvi, condivide la vita e la sofferenza di tutti e si immedesima con tutti, fino a diventare presenza immanente in tutti.

Guidato da questa consapevolezza ogni cristiano è chiamato a fare del mistero pasquale il centro ispirazionale del suo vivere e del suo operare, cioè a fare sua questa esperienza stupefacente di Dio, desiderando di iniziare ad amare come Dio ama, passando poi ad amare realmente tutti e procurando con ogni mezzo che tutti si salvino.

In fondo, nel raccontare la sua storia spirituale Maddalena Marcucci ha di mira questo scopo: fare entrare la rivoluzione della Pasqua nella vita di ogni persona. Non si tratta solo di amare Dio, ma anche e soprattutto di far entrare in ciascuno l’amore di Dio, per iniziare ad amare come Dio ama. Questa è l’esperienza rivoluzionaria. Questa è la felicità, che per raggiungerla vale la pena di farla oggetto di un duplice impegno assoluto: un voto d’amore e un voto contemplativo, quello di far perpetua memoria della passione del Signore e di quella che continua nei fratelli e nelle sorelle fino al suo ritorno glorioso.

In conformità a questa tenera lezione, che Maddalena Marcucci ha appreso nella sua assidua e prolungata contemplazione della passione, mettendosi a servizio del carisma passionista, che ha condiviso profondamente per vocazione e missione, possiamo elevare una preghiera: —Signore Gesù, colmaci tutti della pienezza dell’amore del Padre nostro, della sua dolce misericordia, per poter con il suo cuore tutto amore riversare benedizioni in tutte le esistenze vuote, sofferenti, solitarie che ci circordano, nelle quali tu sei immanente e attendi che tramite il nostro amore ti accolgano e facciano festa. Se è Pasqua per noi, sia Pasqua per tutti.

La contemplazione di Gesù quale Messia unico e specifico, perché figlio di Dio e servo umiliato e sofferente, ha un valore determinante sia per evitare tentativi spirituali sostanzialmente inconcludenti, perché disordinati e dispersivi, come pure per ridare coerenza, compattezza e solidità al proprio cammino di discepolato evangelico e di spiritualità unificando tutto nella grazia pasquale. Come la prima Pasqua ha rivoluzionato il mondo religioso ebraico e non solo quello, così la Pasqua messa al centro della propria contemplazione giornaliera ha la capacità di rivoluzionare tutto il nostro mondo religioso e la nostra cultura di pensiero e di vita, perché ci porta ad accogliere la rivelazione dell’amore di Dio ed avere il suo cuore.

Contemplare la passione del Signore e praticare il comandamento di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze è stato l’obiettivo della vita di Maddalena Marcucci. Essa si impegnò in questo con una promessa assoluta, cioè con un voto d’amore. Con tale voto ha voluto però non solo dedicarsi ad amare Dio, ma anche portare altri ad amarlo. Lo testimonia l’autobiografia che porta il significativo titolo di «Apostola dell’Amore», con la quale ha inteso non solo di raccontare la sua esperienza meravigliosa di discepola di Dio sommamente amato, ma pure di portare altri a questa esperienza beatificante.

Ora se vogliamo stabilire, in base alle sue stesse parole, l’importanza che Maddalena Marcucci ha per la storia della Chiesa e della spiritualità, possiamo con verità dire che essa consiste nel fatto di essere stata e di continuare ad essere «Apostola dell’Amore» per la nostra generazione.

Un merito epocale, che gli storici meglio preciseranno, è stato quello di aver contribuito in maniera significativa con il suo padre spirituale, il domenicano P. Juan Tomás Gonzáles Arintero, a diffondere la convinzione della chiamata di tutti alla santità evangelica, impegnandosi con ogni mezzo perché le persone fossero conquistate all’ideale della santità e procurassero in concreto di diventare sante. Scrive: «La mia missione su questa terra e in cielo dev’essere dare santi alla Chiesa». Come è noto la tesi della chiamata universale alla santità, intesa come «amore», è stata accolta come dottrina comune dal Concilio Vaticano II (cf. Costituzione dogmatica «Lumen Gentium», cap. V).

Una ricerca specifica potrebbe pure individuare se Maddalena Marcucci abbia avuto un ruolo e quale (perché nella sua autobiografia non ne parla) nel cooperare alla diffusione della corrente spirituale dell’Amore Misericordioso, della quale il P. Arintero, suo Padre spirituale, a partire dal 1922 circa, quando lesse un opuscolo («Scintille») della monaca Maria Teresa Desandais, delle Visitandine, che fu per molto tempo Superiora del monastero di Dreux-Vouvant in Francia (morì il 1° gennaio 1943 a 65 anni di età e 44 anni di professione religiosa) e iniziò a intrattenere un rapporto epistolare con lei, ne divenne l’apostolo, tanto che può essere considerato in Spagna l’iniziatore dell’Opera dell’Amore Misericordioso, che poi si diffuse in tutto in mondo. Il movimento dell’Amore Misericordioso, nonostante le crisi e le difficoltà, non scomparve, infatti nel 1930, due anni dopo la morte di Arintero, Madre Speranza Alhama iniziò l’associazione delle Schiave dell’Amore Misericordioso, che poi si sviluppò in Congregazione religiosa, con lo scopo tra l’altro di portare avanti tale spiritualità (cf. Arturo Alonso Lobo O. P., Padre Arintero. Un Maestro di vita spirituale, Roma 1975, pp. 153-163).

In ogni caso tutti gli scritti di Maddalena Marcucci, in particolare quelli raccolti nel volume «La santità è amore», sono un inno di gloria all’Amore Misericordioso.

Un merito particolare le va ascritto certamente all’interno del movimento passionista sia in quanto donna che in quanto scrittrice: finora essa è la più grande scrittrice di spiritualità passionista.

Inoltre per la storia della spiritualità passionista non va dimenticato che Maddalena Marcucci fa parte ed è una delle rappresentanti più importanti della scuola della spiritualità della passione di Cristo, intesa quale scuola del puro amore, di Lucca, assieme a Madre Giuseppa Armellini, Madre Gemma Eufemia Giannini e naturalmente santa Gemma Galgani.

Nonostante questi apprezzamenti, a prima vista almeno, il libro “Apostola dell’Amore” non è di facile lettura per noi, gente del terzo millennio cristiano. Il linguaggio è spesso esageratamente effusivo: esattamente il contrario della razionalità e misura a cui siamo abituati. Molte cose lasciano perplessi. La ferma convinzione che il mondo sia luogo solo di peccato e paganesimo e soltanto nel chiostro alberghi la santità più pura. Le prove a cui sono sottoposte postulanti e novizie per educarle all’umiltà e all’obbedienza sembrano avere come conseguenza l’annullamento della personalità. Alcune pratiche, quali il portare la corona di spine o il mangiare inginocchiate per terra sembrano eccessive e almeno sul momento difficilmente motivabili. Se però si riesce a superare le difficoltà generate da questi e altri dettagli, si entra in un’ottica diversa che cambia il significato di molti gesti. Si comprende che il rapporto con Dio non è solo razionale, logico, ma coinvolge tutta la personalità, affettività compresa: è un rapporto d’amore. Il suo linguaggio è il linguaggio del cuore: a volte esorbitante, eccessivo. E’ difficile da capire e da accettare come per molto tempo è stato difficile da capire ed accettare il linguaggio del Cantico dei Cantici. Appare chiaro, allora, che da Dio parte un torrente impetuoso d’amore che la nostra piccolezza nemmeno immagina. È incomprensibile un sentimento così per esseri miserabile come noi. I mistici, come Maddalena, l’hanno intuito e vi si sono abbandonati, travolti da questa corrente, sommersi, rapiti, sottratti alla quotidianità. Rientra in questa logica il desiderio di spogliarsi di sé, per raggiungere il massimo di immedesimazione con lui, la gioia di una sofferenza che unisce al Signore Gesù, crocifisso per amore.

Questo libro è la storia di un itinerario spirituale meraviglioso, ma anche molto realista, che non è appaggaggio di anime privilegiate, come l’autrice stessa ci tiene a spiegare e a ribadire, ma per tutti, sì proprio per tutti, specialmente per i più deboli. Se noi riusciamo a metterci in questa ottica, abbandonando i nostri schemi e il nostro esasperato razionalismo, se arriviamo all’essenziale oltre discutibili apparenze, scopriamo ed intuiamo realtà che si raggiungono solo con un lancio di fede e nell’amore. Con un Dio che è Amore Assoluto, il rapporto può essere solo così, slegato da ogni vincolo umano, perduto in lui. Questa prospettiva, acquisita con la lettura senza preconcetti, ci pone a faccia a faccia con l’Amore, ci avvicina veramente alla realtà sublime di Dio.

Il lettore dei suoi scritti e in particolare della sua autobiografia noterà che Maddalena Marcucci ha qualcosa di intensamente attraente e significativo perché sa e può far dono di una sua parola di felicità, in quanto propone a tutti e a ciascuno personalmente la santità dell’amore. Questo punto costituisce la caratteristica della sua vita, come essa stessa riconosce: «Questa è la ragione unica della mia esistenza, infatti io nacqui per amare, vivo per amare e voglio morire amando, per amare eternamente colui che eternamente mi amò».

Veramente la felicità è sempre legata all’amore, all’amore santo e lo scopo che ci siamo prefissi nel promuovere e curare la presente edizione integrale in lingua italiana della sua autobiografia è stato in fondo proprio quello di offrire un umile contributo per diffondere il vero spirito di felicità nel mondo, possibile solo se ci si impegna radicalmente a rinunciare in noi a tutto ciò che manca di amore.

Certamente molteplici sono le lezioni maturate alla scuola dell’esperienza terrena, di cui Madre Maddalena ci fa dono con la sua autobiografia, ma tutte confluiscono a formare insieme le tappe di una spiritualità della Croce, intesa quale spiritualità della vita e dell’amore, ricca di forza e di fascino, di cui tutti abbiamo bisogno per ritrovare e rimotivare il senso e il gusto dell’esistenza.

Scrive (Quinta Parte n. 5):

»Non voglio morire perché soffro, perché sono stanca di vivere, perché mi mancano le forze, perché io non posso far nulla, perché sono soltanto di disturbo… No!

Voglio morire per lasciare il mondo e tutto quello che di bello e di attraente vi si trova rinchiuso: il sole, il firmamento, il mare, la primavera… Voglio morire all’aurora, quando l’astro maggiore inonda con le sue tonalità pittoresche i monti, le valli, la campagna, i fiori, e quando tutto è movimento e festa, come successe alla morte di Gesù; quando nella foresta l’usignolo canta al suo Creatore gorgheggi d’amore, che invitano alla vita e al godimento.

Sentendo suonare a festa le campane, il din don dell’Angelus, quando i bronzi mariani invitano a salutare Maria, quando tutto si imbeve di vita piena…

Voglio morire lasciando il mio caro convento; l’amata chiesa…; le mie amate Consorelle; il cantuccio del mio coro dove io imploravo perdono e parlavo di amore con lo Sposo; la mia celletta, testimone delle mie lotte e dei miei amori; il giardino profumato con le acacie, i gigli, i giacinti, i gladioli, e con la regina dei fiori che esala le sue fragranze: il mio fiore, la rosa; i frutti che incominciano a prendere colore…, e tutto quello che ho amato ed è attraente. A tutto voglio dire addio, per recarmi alle rive eterne, alle isole ignorate, con un atto di fede nuda, di speranza e di amore in cerca dell’amore che la fede dà…

Quando la gente che mi starà intorno si muoverà e si agiterà, e fuori si udrà lo strepito dei treni e delle vetture che corrono, e qualcuno forse chiamerà per domandare se vivo, voglio che possano rispondere: «È già spirata; ha terminato la sua corsa; la Madre Maria Maddalena è morta; ha pagato il tributo come tutti i peccatori, perché anche lei era peccatrice». E se potranno aggiungere le parole: «è morta santamente», vorrei che tutti rendessero grazie a Dio».

Sì, dalla lettura della sua autobiografia risulterà evidente a tutti che la spiritualità della Croce, che Madre Maddalena per vocazione e missione si è impegnata a diffondere, non è per nulla un qualcosa di fiacco o da gente moribonda, ma è una spiritualità della vita e del fuoco. È stato detto giustamente: «La Madre Maddalena è un fenomeno del tutto singolare tra gli autori mistici del secolo XX» (cf. La mística del amor, a cura di Antonio María Artola C. P., BAC, Madrid 1998, p. XIX).

Con la sua morte non è finita, ma al contrario è iniziata la radiosa missione di essere apostola dell’amore e della santità.

Scrive infatti (Terza Parte n. 12):

«La mia missione su questa terra e in cielo dev’essere quella di dare santi alla Chiesa. Far capire a molti quanto sia facile il cammino della santità… A questo scopo pregherò Dio tutti i giorni, gli offrirò tutto quello che, con l’aiuto di Dio, faccio di buono, e sarò disposta a tutto quello che Lui mi domanderà, contenta di poter dare anche la vita, anche se non fosse che per la santificazione delle anime. Ma una sola… no; ne voglio di più, ne voglio molte. Tutte quelle che il Cuore di Gesù chiama e vuole sante».

A questo punto mi è gradito ricordare le persone che maggiormente hanno collaborato per realizzare quest’opera: la nipote, figlia di Assunta, la sorella maggiore di Madre Maddalena Marcucci, la Sig.ra Iva Giambastiani e suo marito il Sig. Guido Bianchini, il quale, nonostante la veneranda età di 90 anni, è un orante appassionato e guida spesso nella chiesa parrocchiale di S. Gemignano di Ponte a Moriano (LU), approfittando del fatto che la sua casa confina con il piazzale della medesima, il culto mariano e altri momenti di pietà popolare.

È bello costatare come tutta la popolazione di S. Gemignano con il suo parroco sia interessata a cooperare perché il messaggio di amore e di santità della loro compaesana si diffonda nel mondo come benedizione e consolazione.

Con pensiero altamente riconoscente desidero ricordare poi il gentilissimo e cordialissimo Prof. Antonio Veronesi di Mirano (VE), autore della versione italiana,* come pure il Postulatore Generale delle Cause dei Santi della Congregazione Passionista, P. Giovanni Zubiani di santa Teresa del Bambino Gesù, che ha patrocinato e sostenuto questa pubblicazione.

Mi è infine particolarmente caro e doveroso ringraziare le religiose della Congregazione Missionaria Sorelle di santa Gemma, fondate da Madre Gemma Eufemia Giannini, a cui spettano i diritti di questa pubblicazione e che in tutti i modi si sono prestate a favorirla, convinte e impegnate anch’esse a dare il loro contributo perché la Croce sia glorificata oggi, per la salvezza e la felicità della nostra generazione.

Al termine di questa introduzione ci è giunta la gradita sorpresa degli auguri di bene e di santità che, alla bella età di 92 anni (è nata nel 1908), Madre Gemma della Vergine del Carmelo, che fu a fianco della Madre Maddalena sia a Lucca nella costruzione del santuario-monastero di santa Gemma che nella fondazione del monastero delle Passioniste di Madrid, ci ha fatto gentilmente pervenire da Oviedo, in Spagna, e che ben volentieri e di cuore da queste pagine contraccambiamo.

Castellazzo Bòrmida (AL)

presso la celletta di san Paolo della Croce

14 agosto 2000

memoria di san Massimiliano Maria Kolbe

sacerdote e martire

Il promotore e il curatore

dell’edizione italiana dell’autobiografia

di Maria Maddalena Marcucci Passionista

Max Anselmi Passionista

Presentazione all’edizione spagnola del 1971 del curatore
P. Arturo Alonso Lobo Domenicano

Un’autobiografia nuova

Gli uomini che oggi si considerano grandi e che hanno esercitato un’influenza notevole nella vita della società ci hanno lasciato gli scritti della loro vita in forma di Memorie o di Diario.

Benché per motivi ben distinti anche nel campo religioso ci furono anime che scrissero la loro vita per confessare la propria piccolezza e per lodare l’onnipotenza divina, che si degnò di fare grandi cose servendosi degli strumenti più umili. Da sant’Agostino nelle Confessioni fino a santa Teresa di Lisieux nella Storia di un’anima, passando per santa Teresa d’Avila con il libro Delle misericordie di Dio, l’agiografia cristiana registra molti altri casi simili di sacerdoti, religiosi o laici che scrissero la loro propria biografia.

Il nostro attuale obiettivo è di pubblicare una di queste autobiografie, sicuramente di qualità molto alta e forse delle più recenti. Il suo autore terminò di scriverla nell’anno 1955. Ma quando si trovava circa a metà del racconto della sua vita, e correva l’anno 1935, esce nel medesimo un passo riguardante una possibile obiezione contro questo tipo di scritti, e lo fa con le seguenti parole: «Di solito si scrive la vita dei santi dopo che sono morti, quando si è conclusa l’opera della loro santificazione. Io invece ho fatto al contrario: ho scritto la mia vita prima di essere santa. Quindi d’ora in poi dovrò impegnarmi seriamente a santificarmi, perché il giorno della mia morte questo lavoro possa cominciare a fare del bene alle anime (come è la volontà del Signore) e non risulti inutile; esso però sarà proficuo soltanto (e Dio gli darà la virtù perché faccia del bene a quanti lo leggono) se sono fedele al suo amore e compio la missione che mi affida; infatti mi sembra udirlo dire: «Tuttavia ti resta molta strada da percorrere dato che desidero che tu sia strumento del mio amore per molte anime» (cf. Terza Parte n. 22). A questo mira la persona che lo ha scritto e al raggiungimento di un’opera tanto santa desideriamo collaborare anche noi con il nostro contributo personale.

Nella fase di studio e di preparazione all’impresa non abbiamo potuto toglierci dalla nostra mente il ricordo di santa Teresa di Gesù, per le somiglianze che con lei tiene la protagonista della nostra attuale storia: entrambe sono donne e monache; tutte e due si autodefiniscono Domenicane in passione (ossia nel cuore); sia l’una che l’altra scrivono la loro vita su ordine dei loro confessori Domenicani che il Signore aveva loro concesso. Il primo scopo che si prefiggevano questi Padri spirituali con simili racconti di coscienza era quello di conoscere adeguatamente l’anima delle loro dirette per meglio guidarle sulle vie dello spirito. Càpita però anche che gli scritti di ambedue contengano un’abbondanza straordinaria di dottrina spirituale che oltrepassa i limiti personali di chi li ha redatti ed è capace di fecondare molte altre anime che aspirano sinceramente a coltivare la vita che Cristo è venuto a portare sulla terra.

Il suo autore

È un’umile religiosa passionista, chiamata Maria Maddalena di Gesù Sacramentato. Ma il nome con il quale generalmente la si conosce è quello di «J. Pastor». Questo pseudonimo (che equivale a «Jesús Pastor»: Gesù Pastore) glielo diede il P. Juan González Arintero, dell’Ordine Domenicano, per nasconderla alla curiosità della gente e per proteggere la sua umiltà, quando volle associarla ai suoi lavori apostolici, come preziosa ed assidua collaboratrice della rivista fondata da lui nell’anno 1921: «La Vida Sobrenatural» (La vita soprannaturale). A partire dall’anno 1922 fino a quello incluso della sua morte (il 1960), collaborò instancabilmente con la penna alla diffusione della vera mistica tradizionale a fianco del grande maestro Arintero e dei suoi successori nella direzione della citata rivista che di volta in volta erano i Padri spirituali della sua anima.

Queste collaborazioni di «Jesús Pastor» risvegliarono un grande interesse e fecero un gran bene tra i lettori. Tutti credevano che quel misterioso personaggio nascosto dietro questo nome fosse qualche sacerdote o religioso dottore in teologia, per la profondità dottrinale dei suoi scritti e per le frequenti citazioni in latino di testi molto appropriati tratti dalla Sacra Scrittura. Così il pubblico incominciò ad incuriosirsi e a voler sapere chi era quello strano autore. Ma il segreto, con qualche grosso pericolo e con angustie di morte per la persona interessata, fu mantenuto molto bene. Quando l’umile religiosa Passionista si vedeva assediata da coloro che desideravano conoscere la verità, e quando le curiosità crescevano arrivando fino a lei, i Padri Domenicani, incaricati di pubblicare la rivista, cambiavano lo pseudonimo per un periodo di tempo, firmando allora i suoi scritti con altri nomi strani. L’ultimo che venne usato fu quello di «Il solitario Adeodato»…

Il P. Sabino Martínez Lozano, Domenicano, successore del P. Arintero nella direzione di quell’anima straordinaria, tolse al momento della sua morte il velo che copriva il misterioso personaggio. E, tra le altre, faceva a tale proposito questa riflessione: «Se avessero saputo che [quegli scritti] erano di una donna e di una monaca, automaticamente sarebbero diminuiti di reputazione. Evidentemente questo è un atteggiamento poco intelligente, perché le cose sono quello che sono e valgono quello che valgono, le dica chi le dica. Santa Teresa fu una donna e una monaca e santa Caterina egualmente; e tutte e due avevano qualcosa da dire, degno di essere pensato da noi uomini di tutti i tempi».1

Il titolo

La maggior parte degli scritti della Madre Maddalena ruotavano sempre intorno al tema dell’amore di Dio. «Dio è amore» (Deus caritas est); chi vive e parla per e con l’amore, vive per Dio e in Dio. Questo fu senza dubbio il punto centrale della spiritualità della Madre Maddalena, ed unicamente alla sua luce possono spiegarsi tutte le realizzazioni della sua vita. Forse la Madre Maddalena è quella che meglio incarnò fino alla fine la caratteristica propria delle religiose Passioniste fondate da san Paolo della Croce (poco più di 200 anni or sono a Corneto-Tarquinia): la redenzione delle anime si realizzò nella Passione di Gesù sopra il Calvario come opera esclusiva del suo amore verso gli uomini. Non c’è maggior prova di amore che dare la vita per l’amato. Gesù dimostrò il suo amore agli uomini principalmente durante la sua Passione e Morte; la religiosa «Passionista» —come il suo stesso nome indica— deve corrispondere a questo amore di Dio consacrandogli il suo amore in una vita di sacrificio redentore e santificatore.

La Madre Giuseppa, Maestra e Superiora della Madre Maddalena, le disse in una occasione: «Sopra il Calvario non si può incontrare nientr’altro che amore e dolore: amore infinito, dolore immenso da parte di Gesù e da parte anche dell’umana creatura… Passionista è sinonimo di anima consacrata (per amore) al dolore, alla sofferenza». La novizia imparò bene la lezione e la trasformò in viva realtà personale.

Forse qualcuno potrebbe pensare che la migliore incarnazione della spiritualità passionista sia stata Gemma Galgani. Ma dobbiamo precisare che, sebbene quest’anima —molto unita per diversi vincoli alla Madre Maddalena— rifletta con molta fedeltà la sensibilità caratteristica (idiosincrasia) spirituale delle religiose Passioniste, tuttavia ella conseguì unicamente di essere Passionista in passione, cioè nel desiderio.

Nello scrivere la presente autobiografia, la Madre Maddalena non guardò alla necessità e neppure all’opportunità di darle un titolo; riferiva limpidamente e semplicemente le cose che Dio aveva operato nella sua anima, perché glielo chiedevano i suoi padri spirituali e interessata solo (una volta morta) che le numerose persone che l’avessero conosciuta si fossero tutte infuocate dell’amore di Dio. Dovendo però colmare questa lacuna, ho pensato che nessun altro titolo starebbe meglio a questa vita che quello indicato da Dio stesso alla sua autrice: «Tu sei il mio amore; tu sei l’apostolo del mio amore». Al numero 17 della Terza Parte di quest’opera il lettore incontrerà un capitolo che la Madre Maddalena intitola «El Apóstol del Amor» (L’apostolo dell’amore). In questo capitolo —con sensibilità e familiarità impressionante— la sua autrice riferisce un dialogo che ebbe con il Signore e il risultato finale di quel mirabile scontro. Dice così: «Un giorno, trovandomi in queste ansie di amore, dopo essermi dedicata alle faccende materiali forse con eccessiva preoccupazione, mi recai al coro all’ora di sesta e nona e, in questi minuti che ci sono prima di dare inizio all’Ufficio Divino, mi raccolsi chiedendo perdono al Signore per essermi dissipata troppo nelle cose esteriori, e gli dicevo: O Gesù, sì sono qui; io con te e tu con me, vero? Sento la tua divina e reale presenza nel Sacramento del tuo amore… Sì hai qui la tua povera sposa Maria Maddalena di Gesù….’Sacramentato’. E pensavo al mio nome, alle cose che esso mi ricorda…..Quanto amore da parte di Dio!… Appena io ebbi terminato di pronunciare il mio nome, aggiunse egli: «APOSTOLO DELL’AMORE». L’«Apostolo dell’Amore» —dissi io— è san Giovanni. Ma il Signore mi replicò: «È chi io voglio che lo sia». Da allora mi chiamai e sono: Maria Maddalena di Gesù Sacramentato, Passionista-Domenicana, Apostola dell’Amore».

A che cosa si deve l’appellativo apparentemente strano che dà a se stessa di Passionista-Domenicana? A partire dall’anno 1925 la Madre Maddalena lo aggiunse quasi invariabilmente dopo la sua firma nelle numerose lettere che scrisse ai PP. Arintero e Lozano.

Crediamo che lo abbia impiegato per la prima volta nella lettera firmata del 16 luglio 1925. E il P. Arintero, quando il 19 luglio del medesimo anno le rispose, fece questo umile commento: «Mi è piaciuta molto la sua firma di Passionista-Domenicana. Questa (firma) l’autorizza a riprendermi ogni volta che faccia qualche mancanza e, soprattutto, quando vede annotazioni forti contro la «Lettera aperta» (si riferisce alla polemica sopra la contemplazione infusa e quella acquisita).2 Il 13 agosto del 1925 la Madre Maddalena fa una nuova allusione a questo dettaglio e alle parole del suo Padre spirituale: «Dice, Padre, che le è piaciuta la mia firma di Passionista-Domenicana… Grazie; non mi sorprendo… Quando nacque il nostro umile Istituto (quello dei Passionisti), il suo santo Ordine era da secoli che avanzava con molta gloria e ora partecipa di essa anche la sua povera figlia».3

La Madre Maddalena amò sempre molto il suo proprio Istituto religioso (quello Passionista fondato da san Paolo della Croce), ma portò pure molto dentro la sua anima l’Ordine Domenicano, per i benefici spirituali che ricevette dai vari religiosi domenicani, tra i quali emergono i due Padri che diressero la sua anima durante gli ultimi quarant’anni della sua vita: Arintero e Lozano. In una lettera del 27 agosto del 1926 afferma: «Non so, Padre, quello che provo verso di voi, figli benedetti di san Domenico. Io credo che Dio abbia fatto i Domenicani per la mia anima, e abbia fatto me per i Domenicani».4

Quando era giovane, bussò alla porta di vari Istituti religiosi per vedere in quale di questi stabilisse il Signore la chiara vocazione religiosa che sentiva nella sua anima. Uno dei conventi che visitò fu quello delle religiose domenicane; ma il Signore non la chiamava per quel genere di vita. Ciò nonostante lei commenta: «Gesù non volle allora che io fossi Domenicana, perché voleva farmi più tardi Domenicana di cuore, ovvero Passionista-Domenicana» (cf. Prima Parte n. 21).

Scrittrice

La Madre Maddalena ricevette dal Signore una chiara vocazione alla vita contemplativa delle Passioniste. Ma, nello stesso tempo, fu chiamata da Dio all’apostolato. Come unire insieme queste due cose apparentemente opposte? Quando il dilemma la teneva sottoposta a gravi angustie di spirito, arrivò provvidenzialmente accanto a lei il P. Arintero e, senza strapparla dalla sua vita claustrale, le fece incominciare un intenso apostolato per mezzo della penna. Alla morte del P. Arintero nell’anno 1928, il suo successore —il P. Lozano— continuò fedelmente quella consegna con la sua figlia spirituale. Non c’è dubbio che furono esatte, rispetto ad entrambi i Padri spirituali, le parole che il primo di loro scrisse in una certa occasione alla Madre Maddalena: «Chi sa se fu per questo [scrivere] che Dio dispose che noi ci conoscessimo e che voi mi offriste tanta confidenza fin dal principio?».

Pensando alla Madre Maddalena come anima santa, come religiosa e come scrittrice non possiamo lasciare di ricordarci di quelle due sante Dottoresse che la Chiesa ha appena proclamato: santa Caterina e santa Teresa. Fu santa, monaca, e apostola della penna come loro; inoltre non le mancano i meriti e le condizioni che la Chiesa richiede per procedere alla dichiarazione ufficiale di Dottorato in favore di alcuni santi.

a) Santità di vita: Conobbi casualmente la Madre Maddalena in occasione del Processo Informativo per la causa di beatificazione del P. Arintero; benché non sapessi che si trattava del famoso «Jesús Pastor», che io già molto ammiravo per i suoi scritti, perché vigeva ancora la legge del segreto al riguardo… Nella mia condizione di Vicepostulatore della Causa dovetti presentare davanti al tribunale ecclesiastico come testimoni le persone che maggiormente avevano avuto relazione con il Servo di Dio; e il P. Lozano mi incaricò di convocare a Salamanca la religiosa Passionista a me sconosciuta.

Trovai molto strane allora (anno 1957) tutte le circostanze che ruotavano intorno all’arrivo e al soggiorno nella città del Tormes di quel testimone che, all’inizio, era soltanto uno dei tanti fra i molti che si preparavano a fare la propria deposizione. Però mi resi conto che il P. Lozano aveva un interesse speciale per quella religiosa che doveva arrivare da un giorno all’altro; mi parve strano che stesse attendendo il momento del suo arrivo nella portineria del convento di Santo Stefano con un’ora di anticipo (e allora questo religioso, già anziano e già molto ammalato, quasi mai scendeva in portineria); mi accorsi della venerazione e del raccoglimento con il quale benedisse e si rivolse alla Madre Maddalena al suo arrivo e durante i giorni che rimase a Salamanca.

Io mi sentivo davanti a lei, senza sapere perché, come compresso e rimpicciolito quando la portavo e la conducevo alla residenza dove era ospitata. L’accompagnai in carrozza fino a Cantalapiedra (dove celebrai la Santa Messa e le diedi la Santa Comunione), perché lì si trovavano i resti del suo venerato Padre spirituale, il P. Arintero.5 Mi impressionò enormemente l’unzione religiosa che manifestò nel suo portamento esteriore durante il viaggio di 50 chilometri che separano quella località dal capoluogo di Salamanca. Trascorse lunghe ore, senza muoversi, inginocchiata sopra le fredde pietre del sontuoso tempio delle monache Clarisse in raccolta preghiera; poi si prostrò per un buon tratto davanti all’urna che contiene le reliquie del P. Arintero, baciò il suolo ripetute volte, pregò davanti alla tomba della Madre Amparo (fondatrice del monastero di Cantalapiedra), e ritornammo a Salamanca senza osare interrompere il raccoglimento che mantenne durante tutto il cammino di ritorno.

I miei ricordi personali su di« lei, come può dedursi da questa rapida impressione che ricevetti al suo lato, non offrono prove né portano dati rivelatori dell’autentica santità che adornava la sua anima. Ma udii il P. Lozano (che la conosceva molto bene e che aveva una sensibilità molto grande per captare le virtù delle anime) parlare con elogio di lei quando era morta. Mi disse varie volte che la Madre Maddalena era «un’anima molto santa», che aveva «grande esperienza del divino»; inoltre arrivò in una certa occasione a manifestarmi che la considerava «di una statura simile a quella di santa Caterina da Siena e di santa Teresa di Gesù». Questo giudizio, che allora mi sembrò un po’ esagerato, ora lo condivido totalmente. La lettura della presente autobiografia e delle lettere confidenziali dirette al P. Arintero, già pubblicate, e al P. Lozano che pubblicheremo prossimamente,6 dimostrano con sufficienti argomenti l’oggettività di tale affermazione. Davvero scalò le vette dell’unione con Dio e arrivò a la cima del monte santo

Voglia il cielo che non sia lontano il giorno nel quale i Padri Passionisti si decidano a dare inizio al Processo canonico richiesto dalla Chiesa perché possiamo chiamarla con tutta legittimità «santa» e venerarla sugli altari. Io do loro questo supplicante suggerimento ricordando quello che una monaca Passionista di Napoli pronosticava alla Madre Maddalena: «Le auguro che tutto quello che lei fa per l’esaltazione della Beata Gemma, altri lo facciano per lei quando sarà nella gloria con la stessa Gemma» (cf. Quarta Parte, n. 8). Sì, i Padri Passionisti sono stati gli strumenti dei quali Dio si è servito per innalzare Gemma Galgani (che era religiosa Passionista solo in passione) agli onori degli altari. Sono sicuro che non risparmieranno alcuno sforzo per fare con la Madre Maddalena (monaca Passionista per intero) quello che hanno fatto anni prima con Gemma.

b) Dottrina eminente: Risulta veramente strano che una donna, che abbia frequentato solamente le classi elementari nella scuola di un paesino, sia riuscita a raggiungere con il tempo un patrimonio così ricco di cultura, particolarmente per quanto concerne la dottrina ascetica e mistica cristiana. E non è meno sorprendente il modo con cui seppe esporla, se teniamo presente che il maggior numero dei suoi scritti furono redatti da lei stessa in spagnolo, quando la sua lingua madre e di uso esclusivo durante i primi 25 anni della sua vita è stata l’italiano.

Se guardiamo le cose soltanto dal punto di vista naturale ed umano, dovremmo attribuirlo alla sua intelligenza perspicace e ad uno sforzo personale straordinario di lavoro che la resero una brillante autodidatta. Ma oltre a tutto questo, per trovare una spiegazione adeguata alla sua maestria spirituale dobbiamo risalire sicuramente più in alto, nelle illuminazioni che lei ricevette dall’alto e che le comunicarono una scienza ed una sapienza infusa. Questa è la vera causa delle sue conoscenze del divino e della sua rara capacità di esprimerlo con tanta chiarezza. Qualcosa di questo sembra voglia dire lei stessa quando scrisse le seguenti parole: (Tento di decifrare un) «enigma per coloro che un giorno potranno domandarsi con sorpresa: Come è stata capace di compiere questo lavoro questa ignorante e limitata creatura? Rispondo loro già fin d’ora: Il bene è da Dio che lo dà sempre a chi glielo chiede per compiere la sua santissima volontà; l’imperfetto è mio, frutto della mia miseria e dei miei peccati» (cf. Quarta Parte, n. 1).

Riferendosi a questo aspetto della vita della Madre Maddalena, il Card. Cento afferma: «La sua intelligenza era fatta per le robuste sintesi e per i voli alti. Quando incominciava a trattare un argomento, non poteva limitarsi a farlo superficialmente, ma lo sviluppava sotto tutti i punti di vista. Era anche poeta —non lo è stata santa Teresa?— mettendo in versi, anche se non sempre conformi alle regole metriche, la squisitezza della sua anima, innamorata di tutto quanto la innalzava verso il Cielo. Tuttavia, più che le sue non comuni qualità intellettuali, è stata la sua tempra spirituale che ce la fa ammirare».7

Di santa Caterina da Siena conserviamo l’opera intitolata il «Dialogo», un vasto «Epistolario» e molte «Orazioni». Santa Teresa ci lasciò 7 libri come anche scritti vari su «Rendiconti di coscienza», «Esclamazioni», «Poesie», «Avvertimenti», «Sfida spirituale» e un abbondante «Epistolario». Che cosa scrisse la Madre Maddalena?

La maggior parte della sua produzione letteraria rimane ancora inedita: «Epistolario», «Cronache», «Meditazioni», «Poesie», ecc. Comunque qualcuna delle sue opere è già stata pubblicata: due vaste biografie (quella di Suor Maria del Preziosissimo Sangue e quella della Madre Maria Giuseppa del Sacro Cuore); «La santità è amore»; «Verso le vette dell’unione con Dio»; innumerevoli articoli sulla rivista «La Vida Sobrenatural» e l’attuale autobiografia che abbiamo intitolato: «Apostola dell’Amore», che forma un volume molto più ampio di quello che contiene la vita di santa Teresa di Gesù. Intendiamo di poter offrire presto al pubblico che la sta tanto attendendo la corrispondenza di direzione spirituale che tenne con il P. Lozano e che probabilmente intitoleremo «Sulla vetta del monte santo».8

L’influsso di tutti questi scritti nel silenzioso mondo delle anime che aspirano veramente all’anticipata unione con Dio durante il pellegrinaggio sulla terra è enorme. I suoi contributi per «La Vida Sobrenatural» avevano una prima edizione di 3000 esemplari distribuiti per la maggior parte a enti comunitari (che aumentavano notevolmente il numero dei lettori) e i libri in più volumi, già esauriti o prossimi ad esaurirsi, venivano solitamente pubblicati in tirature di 2500; ci sono poi foglietti con scritti suoi che si ripubblicarono fino a sei volte. Aveva perfino previsto che sarebbe successo così, convinta com’era che il Signore avrebbe suscitato persone che si sarebbero incaricate di questo quando lei si fosse trovata nell’eternità.

Da parte mia la ringrazio per il premio che offerse anticipatamente a quelli che sarebbero stati strumenti di quest’opera. Dice nel suo testamento spirituale: «Io dal cielo starò particolarmente unita a tutti coloro che saranno strumenti del Signore per portare a termine quest’opera».9 E sono molto riconoscente alla sua generosa protezione perché mi ha concesso la salute che mi mancava da molto tempo e che mi era indispensabile per preparare questa edizione. Se è gradito a Dio, ella mi concederà anche che si prolunghi il mio benessere attuale perché possa continuare lavorando all’edizione e alla riedizione delle nuove opere tra le molte che uscirono dalla sua penna.

c) Dichiarazione ufficiale: È questa l’ultima condizione che si richiede da parte del Papa, o di un Concilio, per dichiarare dottore un santo. Sono sicuro che io non vedrò dalla terra questo giorno; ma c’è qualcosa che mi impedisce di pensare che arriverà con il passare del tempo? Santa Caterina dovette attendere sei secoli, a santa Teresa bastarono solamente quattro secoli… Senza dubbio, prima che la Chiesa si pronunciasse ufficialmente in questi due casi, i grandi maestri della vita spirituale già avevano loro attribuito privatamente questo titolo.

Il P. Arintero dopo aver esposto le «note caratteristiche della mistica teresiana»,10 varie volte le dà l’appellativo di «dottore mistico» e questo avveniva nell’anno 1925. Riferendosi a santa Caterina, la chiama nel lontano 1908, «apostola e dottore».11 Questo ci autorizza a poter considerare anche noi già da ora la Madre Maddalena, dottore dell’amore di Dio; e ci predispone a credere e sperare che arriverà un giorno nel quale sarà proclamata ufficialmente dottore. Non esistono più pregiudizi contro il magistero femminile nella Chiesa; la promozione della donna intesa correttamente incontra sostegno nell’attuale società ecclesiastica, e niente sorprende che Dio conceda anche alla donne certi carismi che ordinariamente abbondano di più tra gli uomini.

Riassunto biografico

Non pretendiamo fare ora una sintesi della dottrina spirituale che la Madre Maddalena espone in questo libro della sua vita; questo potrà costituire l’obiettivo di studi posteriori che occuperanno gli specialisti in materia, o anche di ricerche che realizzeranno quelli che aspirano ai gradi accademici nelle Facoltà Teologiche. Noi ci proponiamo unicamente di offrire a tutti i lettori un originale autentico, di ricco contenuto teologico, dove le anime buone (o che aspirano seriamente ad esserlo) possano trovare alimento spirituale solido per nutrire il loro spirito, e dove anche gli specialisti trovino la sorgente dottrinale sicura e disponibile che permetta loro di realizzare studi specialistici in materia di ascetica e mistica.

Nella presente autobiografia non mancano dati di grande interesse per completare la storia bicentenaria dell’Istituto ecclesiastico delle Religiose Passioniste. Ugualmente non scarseggiano i riferimenti cronologici che circoscrivono la vita e la realizzazione personale della protagonista principale di questa storia. Ma quello che veramente emerge da tutta questa opera (poiché questo è stato quello che desideravano soprattutto i Direttori spirituali della sua autrice e quello che lei stessa intendeva riflettervi) è l’azione soprannaturale di Dio in una povera creatura che, a sua volta, si sforzava di corrispondere alle grazie divine che piovevano abbondantemente sulla sua anima.

Per facilitare al lettore una rapida conoscenza delle principali circostanze storiche ed esterne che avvolgono la vita della Madre Maddalena, offriamo qui un riassunto di ciò è che più importante e che nei suoi particolari si trova sparso qua e là in tutta l’opera.

Nacque il 24 aprile del 1888 nell’umile villaggio di San Gemignano, nelle vicinanze della città di Lucca. I suoi genitori si chiamavano Casimiro Marcucci e Sara Simi. Ella fu la terza di quattro sorelle. Si può dire che la sua vocazione religiosa nacque con lei; mai il mondo la attrasse. Mentre le amiche, con le quali maggiormente si incontrava, incominciarono a darsi un poco alla vanità, lei riceve un ordine preciso da un angelo: «Lascia le amiche; Dio ha sopra di te altri disegni». E poiché tardava ad obbedire, l’angelo le ripeté l’ordine.

Dovette vincere non poche difficoltà per essere religiosa. Una fu la sua poca salute, e l’altra l’opposizione di sua madre, che la desiderava assolutamente, e che arrivò perfino a strapparla dal convento quando in esso, in qualità di postulante, stava preparandosi ad iniziare il noviziato. Ma alla fine trionfò la grazia di Dio.

Tra le circostanze provvidenziali che influirono sul suo ingresso tra le Passioniste nel monastero di Lucca recentemente fondato, pesarono molto la vicinanza geografica e spirituale con Gemma Galgani. Ebbe gli stessi suoi confessori (Mons. Volpi e il P. Germano di santo Stanislao), ebbe rapporti con le persone amiche di Gemma (la famiglia Giannini), e con la Superiora del monastero di Lucca (la Madre Maria Giuseppa del Sacro Cuore), che era confidente della «povera Gemma» e avviò la comunità che Gesù chiedeva con tanta insistenza a questa straordinaria anima che, poco dopo la sua morte, Pio XI beatificherà.

Prese il santo abito da Passionista a Lucca il 27 giugno del 1907, quando contava 19 anni, e fece la professione l’anno seguente. In un ambiente così favorevole alla santità come quello che ruotava intorno a Suor Maddalena, essa raggiunse presto una grande maturità religiosa e si guadagnò la confidenza dei suoi superiori. Perciò, quando il Provinciale dei Passionisti di Spagna venne a Lucca per cercare religiose per fare una fondazione in Messico, non ebbero dubbi sulla scelta —con altre cinque— della giovane professa. Il 18 marzo del 1913 partì dall’Italia diretta alla Nuova Spagna (ossia in Messico).

Rimase in Messico solo tre anni scarsi, perché le cose si erano rese molto difficili per la fondazione di una nuova comunità religiosa, a causa della rivoluzione di Carranza che sconvolse il paese. In una situazione tanto angosciosa come quella, udì ripetute volte la voce del Signore che le diceva: «Ti attendo in Spagna». E in Spagna arrivò agli inizi del 1916, entrando per il porto di Santander. Dopo molti giri e rigiri, in mezzo a difficoltà senza numero, si aprì ufficialmente la comunità delle Religiose Passioniste in Deusto (Bilbao) nell’anno 1918. In questo convento, la Madre Maddalena fu maestra delle novizie e varie volte Superiora; potendo dirsi in verità che si rese indispensabile in quella casa e che la sua vita e la sua presenza riempivano tutti gli angoli del convento e davano vigore a tutte le religiose che vi abitavano. Lì ebbe luogo l’incontro provvidenziale con P. Arintero agli inizi del 1922.

Dopo la prima conversazione che ebbero, scrisse la buona religiosa:

«Non so dire quello che noi due in quel momento provammo; io, da parte mia, posso rivelare che, nel trovarmi di fronte a lui, più che il Padre Juan vidi e conobbi la sua bell’anima. Sì, le nostre anime si videro, e nello stesso istante si conobbero e si compresero mirabilmente per una intuizione speciale: perché Dio in quel momento dovette guardarci tutti e due, ed è sotto il suo sguardo divino che si formano le vere amicizie, che si uniscono le anime, perché così si amano e si comprendono molto meglio che con le parole, senza vedersi costretti a doversi parlare nella forma detta (si riferisce alla difficoltà di intendersi con il P. Arintero per la sordità accentuata che soffriva); lo esperimentai io molto bene… Per la mia povera anima, che si sentiva come pellegrina nell’oscuro deserto della vita, l’incontro con questo benedetto Servo di Dio fu come un raggio di luce che si proiettò sul mio cammino rendendolo tutto luminoso» (cf. Parte Terza, n. 9-10).

Dopo la morte della Madre Giuseppa le religiose di Lucca avevano necessità di una vera Madre che le riunisse tutte nell’amore fraterno, e nello stesso tempo di una Superiora che fosse capace di innalzare il nuovo edificio materiale del monastero, con il Santuario annesso, in onore della beata Gemma. Di fronte al ripetuto rifiuto delle monache di Deusto, che resistevano a distaccarsi dalla Madre insostituibile, le religiose di Lucca ottennero una disposizione inappellabile della Santa Sede che obbligò la Madre Maddalena a partire per Lucca; qui arrivò il 27 giugno 1935. Fu nominata dalla Sacra Congregazione Superiora della comunità per un triennio, alla fine del quale venne confermata nell’incarico per la seconda volta.

Sorse il monastero e si costruì il Santuario, le religiose tornarono a sentirsi felici per la prima volta dopo la morte della fondatrice Madre Giuseppa. Tutte le cose erano preparate per la solenne inaugurazione del tempio, coincidendo con la data della canonizzazione di Santa Gemma… Ma, cose di Dio!, alla vigilia di quell’atteso avvenimento, il 1° aprile 1940, l’arcivescovo di Lucca destituisce improvvisamente la Superiora. Perché? Dio permette a volte che gli uomini —forse senza malafede— si ingannino, perché così le virtù dei santi siano provate meglio e perché il valore impetratorio e soddisfatorio delle loro umiliazioni ridondi in maggior beneficio delle comunità. Nella curia arcivescovile erano infastiditi perché la Madre Maddalena non aveva voluto piegarsi alle loro richieste di cedere la proprietà del Santuario per porre in esso canonicamente la parrocchia del luogo;12 ma pure tra le religiose ce n’erano alcune scontente della Madre Superiora, da arrivare a denunciarla di eresia davanti alle autorità ecclesiastiche.

Al di sopra di tutto, chi operava era la mano provvidenziale di Dio che aveva bisogno della Madre Maddalena in altra parte, una volta che avesse adempiuto la missione per la quale l’aveva condotta cinque anni prima a Lucca. Ma prima dovette bere l’amaro calice delle umiliazioni e patire un orribile calvario. Da Superiora passò al più umile posto della comunità, la destinarono a rammendare abiti, esclusa quasi del tutto dal comunicare con le persone dalle quali sarebbe potuto giungerle qualche aiuto…

Senza segni sensibili come in Messico, ma con un effetto interiore penetrante che non lasciava posto a dubbi, il Signore le diceva che l’attendeva di nuovo in Spagna. E intanto arrivò il 15 di agosto del 1941. Dopo aver lavorato e sofferto molto, ottenne che sorgesse un’altra comunità di Religiose Passioniste con un proprio monastero e chiesa completamente nuovi, non in un angolo qualsiasi, ma nella capitale del paese, a Madrid.

Il Signore non le aveva mai permesso fino a quel momento di godere la pace e la tranquillità, che allontanassero l’inquietudine delle opere e le garantissero il riposo di stare sola con Dio nel perfetto raccoglimento della clausura e davanti al Signore Sacramentato dentro un tempio degno e definitivo, in nessuna delle case per le quali era passata precedentemente, poiché tutte queste avevano necessità sempre di un ultimo ritocco e di un ulteriore restauro. Ma anche questa volta la privò di veder conclusa la sua opera a Madrid, giacché un mese prima di inaugurare la meravigliosa chiesa che stava innalzando con così grande entusiasmo Dio Nostro Signore se la portò in Cielo. Era il 10 febbraio del 1960 e aveva 72 anni. I suoi resti mortali riposano nella cripta del suddetto tempio madrileno nella calle Arturo Soria, numero 257, a Madrid.

Note esplicative alla presente edizione (del 1971)<!–[if supportFields]> TC “Note esplicative alla presente edizione (del 1971)” \l 1 <![endif]–><!–[if supportFields]><![endif]–>

Il manoscritto di questa autobiografia fu letto e approvato da P. Lozano, poi lo restituì alla sua autrice, la Madre Maddalena. Costei lo consegnò, in un pacchetto chiuso e ben legato, al confessore che la guidò durante gli ultimi anni della sua vita, dandole ordini concreti perché lo facesse arrivare al suo destinatario. Ma prima che succedesse ciò fece molti giri; addirittura un viaggio di andata e ritorno a Roma. Attualmente è in possesso delle Religiose Passioniste di Madrid. Ma una copia fedele di questo manoscritto (firmata a mano della Madre Maria Gemma della Vergine del Carmelo che visse 33 anni con la Madre Maddalena) arrivò al P. Lozano e questa è quella che ora teniamo in nostro potere e che ci permette di realizzare il presente lavoro.

Non dimentichiamo che furono Domenicani i due santi religiosi che durante quarant’anni diressero spiritualmente la venerata Passionista, e ricordiamo che ella incominciò a scrivere la sua propria vita per ordine del P. Arintero, confermata poi dal P. Lozano quando costui successe al Servo di Dio nella guida dell’anima della Madre Maddalena.

Il 3 febbraio 1922, al termine della seconda lunga conversazione spirituale tra il P. Arintero e la Madre Maddalena, egli le disse: «Converrebbe che lei mi mettesse per iscritto le cose principali della sua anima e così io esaminerei tutto meglio» (cf. Terza Parte n. 10). Il giorno 7 dello stesso mese e anno il P. Arintero aveva già le 8 pagine che aveva chiesto alla sua nuova figlia spirituale con il riassunto della sua vita.13 Passati 5 anni di intenso rapporto personale ed epistolare tra i due servi di Dio la Madre Maddalena ricevette questo ordine dal suo Direttore: «Lungi dal sospenderla (la sua collaborazione con la rivista La Vida Sobrenatural), sto vedendo che è giunta l’ora nella quale deve integrarmela con una relazione completa di tutte le sue cose, da quando ebbe l’uso della ragione, secondo la luce che ora Dio le sta dando, su tutto quello che Lui stesso andava già disponendo… E alcune cose di allora, se le sembra meglio, può benissimo scriverle in italiano. Tutto spontaneamente come le viene e Dio le dà luce e tempo».14 Rispondendo a questa lettera la Madre Maddalena scrive: «Ho già incominciato quello che nella sua lettera precedente mi ordinava di fare… Per nulla mi ha sorpreso che me lo avesse ordinato; già da tempo sapevo che il Signore lo voleva… Tutto sia per la gloria dell’Amore».15

Quando l’autrice di questa autobiografia terminò di scrivere il numero 9 della Prima Parte, le giunse la notizia della morte del P. Arintero e nel manoscritto annotò quanto segue: «Il 20 febbraio 1928, stando a questo punto, il Signore si portò a miglior vita il Molto Rev.do P. Fra Juan Gonzáles Arintero. Lasciai questo scritto. Oggi 2 maggio del medesimo anno lo continuo per ordine del mio nuovo direttore il Rev.do P. Fra Sabino Martínez Lozano O. P.». A questo religioso inviò la prima stesura originale dei suoi fogli nell’anno 1935, e la seconda nel 1955. In entrambi i casi gli concede ampie facoltà di fare e disfare —con piena libertà— quello che gli sembra conveniente nell’originale.

La totale confidenza che ripose nel P. Lozano per approvare, correggere, cancellare ecc. quello che giudicasse opportuno nella autobiografia non poté approvarla il detto religioso in ordine alla sua pubblicazione poiché morì 4 anni prima. Io so molto bene che il P. Lozano benedisse ampiamente il manoscritto originale (potrà vederlo anche il lettore nel corso di questo lavoro), e mi risulta che la sua intenzione era di pubblicarlo quanto prima.

Siccome i superiori mi hanno incaricato di occuparmi di alcune sante iniziative che questo venerato religioso dirigeva mentre era in vita, ritengo di avere la sua approvazione per realizzare e di conseguenza pubblicare la presente opera. Credo pure di avere a mio favore la fiducia della Madre Maddalena per permettermi di fare alcuni piccoli ed occasionali ritocchi rispetto all’originale manoscritto, che introdurrò unicamente con il fine di realizzare l’opera in conformità con le più importanti esigenze attuali di carattere editoriale e per facilitare nella sua lettura il pubblico al quale è destinata. Intendo poi spiegare in anticipo alcune correzioni o soppressioni che mi sono permesso di introdurre nell’originale, quantunque —questo sì— salvando sempre l’autenticità con il maggior scrupolo possibile.

1°. La Madre Maddalena non diede un titolo alla sua opera. Noi le abbiamo posto quale titolo prendendolo dal suo medesimo scritto: APOSTOLA DELL’AMORE. E come il nome con il quale la si conosce è quello di «Jesús Pastor», così vogliamo conservarlo anche ora, anche se poi aggiungiamo il suo vero nome religioso: Madre Maria Maddalena di Gesù Sacramentato, Passionista.

2°. Senza pretese letterarie di alcun tipo, ed unicamente per dare libero corso al senso spirituale che sempre guidava le sue cose, la Madre Maddalena comincia il suo scritto con una orazione a Gesù ed un’altra alla sua dolce Madre Maria; poi espone al P. Arintero le disposizioni e i sentimenti della sua anima nel ricevere, e nel prestarsi a dargli compimento, l’ordine di narrare la sua propria vita. Tutto ciò abbiamo voluto considerarlo come una specie di Dedica, e così lo facciamo constare tipograficamente.

3°. Se volessimo attenerci strettamente alla narrazione che l’autrice fa attraverso la sua autobiografia, dovremmo dividerla in due parti. La prima, da quando nacque fino a quando partì da Deusto per Lucca (forse allora pensava che non sarebbe più potuta tornare a prendere in mano la penna per continuare la storia). La seconda abbraccerebbe il tempo che va dalla partenza dalla Spagna per l’Italia —a metà del 1935— fino agli inizi di marzo del 1955, data nella quale pone il punto finale all’ultima tappa della sua vita agitata. Ma noi abbiamo preferito dividere questa storia in 5 parti facendo attenzione ai 5 luoghi geografici dove ella visse successivamente. I titoli di queste cinque parti e la sua appropriata introduzione nel testo sono opera nostra.

4°. La Madre Maddalena fece la relazione della sua vita senza soluzione di continuità. Dunque fissò i titoli che manteniamo in ognuno dei differenti capitoli, lo fece però senza indicare alcuna numerazione. Per maggior chiarezza e comodità noi ci siamo permessi di anteporre a ciascun titolo il corrispondente numero progressivo all’interno di ognuna delle cinque parti in cui abbiamo diviso l’opera.

5°. Perché non risultasse pesante la lettura di ognuno dei singoli capitoli —alcuni dei quali sono molto lunghi— e con il fine di evidenziare convenientemente l’idea dominante che sviluppa nel corso degli stessi, abbiamo giudicato che fosse di grande interesse pratico l’inclusione dei sottotitoli in ognuno dei numeri e conformemente lo esigeva il tema esposto dall’autrice. Di conseguenza tutti i sottotitoli sono di nostra iniziativa.

6°. Molte anime mistiche furono anche poeti. L’autobiografia della Madre Maddalena è disseminata di poesie, quasi tutte composte nella sua lingua madre —l’italiano—. Anche se dal punto di vista di una valutazione poetica possono essere di scarso valore, poiché lei non studiò mai stilistica poetica (non ebbe chi le insegnasse le più elementari norme del metro e della rima), abbiamo pensato di dover salvare il suo testo originale e perciò le rispettiamo nella loro autentica ingenuità e bellezza. Però, di seguito e in caratteri tipografici differenti, viene offerta una traduzione libera —ripetendo il più possibile il ritmo e la consonanza— perché si mantenga qualcosa del suo senso. Tutto questo ugualmente è dovuto alla nostra personale responsabilità.

7°. La firma di «Jesús Pastor» servì per deviare i lettori e allontanare il pericolo di identificare il vero autore. A questo contribuiva molto anche il fatto che nei suoi scritti abbondavano i testi latini —principalmente della Sacra Scrittura— con la quale esponeva molto opportunamente le sue riflessioni. Bene; nella autobiografia abbondano i latinismi, che per persone meno colte di lei possono costituire un ostacolo ed un offuscamento della lettura. In vista di ciò abbiamo tradotto in spagnolo la maggior parte degli stessi, e se qualcuno resta è perché la sua traduzione avviene nel contesto della frase o perché si tratta di qualche espressione classica che racchiude maggior sapore e forza nel suo testo originale.

8°. Anche se la Madre Maddalena ebbe molta cura —o meglio, le usciva spontaneamente— nel non mancare in nulla alla carità, alcune volte si vide obbligata a narrare fatti o detti che oggi potrebbero tuttavia ferire le persone interessate. Perciò abbiamo creduto conveniente cancellare alcuni dettagli (molto pochi) e passare sotto silenzio alcuni nomi personali (pochissimi), per il fatto che potrebbero ancora essere vivi quelli ai quali suonerebbero in qualche maniera offensivi.

9°. Quello che ci diede maggior lavoro e preoccupazione durante i lunghi mesi che dedicammo a preparare questa stampa fu la correzione grammaticale del testo. Non dimentichiamo che l’autrice era una donna illetterata, e che scriveva in una lingua che non era la sua. Per trasportare il testo originale in un testo per la stampa e lasciarlo nelle mani del pubblico più svariato bisognava rivedere non poche volte le frasi, correggere la costruzione grammaticale, modificare la punteggiatura e perfino correggere l’ortografia. Nel realizzare questa fatica del tutto necessaria abbiamo cercato di operare molto cautamente e di non cadere nel pericolo di stravolgere lo stile dell’autrice o, quello che sarebbe ancora peggio, alterare il senso che originariamente hanno tutte le sue affermazioni e spiegazioni.

10°. I lettori nel corso del libro si incontrano con alcune note esplicative o chiarificatrici circa i fatti o le persone che vanno apparendo attraverso le sue pagine. Tutte o quasi sono una interferenza personale nostra. Anche se potevamo averne incluse molte di più, senza dubbio crediamo che bastino per aiutare il lettore nei casi di maggior interesse.

11°. Chiudiamo quest’opera con un Epilogo nel quale si riassumono gli ultimi anni della vita della nostra protagonista, si fa una breve relazione della sua morte e si copia parte del testamento spirituale che la Madre Maddalena scrisse nel 1940, quando era stata deposta dall’incarico di superiora e si trovava nella condizione di castigata dai suoi superiori.

12°. Perché la maggior parte di queste aggiunte che noi ci siamo permessi di includere nella presente autobiografia non possono attribuirsi alla Madre Maddalena e i lettori sappiano separarle facilmente da quello che è in realtà l’originale di lei, tutte le pagine della Presentazione e dell’Epilogo sono segnalate da asterisco; questo medesimo segno grafico accompagnerà le note esplicative che si trovano a fondo pagina e che abbiamo introdotto noi.16

Natura di quest’opera

Confessiamo con sincerità che ci piace il contenuto e la forma di quest’opera. Ancora di più: è quello, di quanto conosciamo tra questo tipo di letteratura religiosa, che di più ci ha avvinto l’anima. Però comprendiamo che forse non tutti vibreranno all’unisono con il nostro cuore e con il nostro modo di vedere le cose.

Se qualche lettore cerca unicamente e principalmente di compiacere i suoi gusti letterari troverà qui qualche occasione di delusione e contrarietà; anche se potrà pure incontrare non poche volte pagine sublimi, degne della penna del grande letterato mistico il venerabile Padre Gratonada.

La vita di Madre Maddalena è di un grande valore storico, per i dati personali che offre ed anche per le informazioni che in essa incontriamo in relazione ad una tappa importante per l’Istituto religioso al quale appartenne. Ma più che il dato storico, quello che interessa alla protagonista è far conoscere la sua anima in rapporto con il Signore, manifestare a quelli che leggono le sue pagine quello che Dio vuole fare in tutte le anime, perché quella di Maddalena è solo un caso tra i tanti come possono e devono moltiplicarsi.

Questa autobiografia non è adatta a spiriti mondani perché l’«amore» del quale si parla in tutte le sue pagine non è quello della concupiscenza della carne, bensì quello della benevolenza dello spirito…

Forse la presente storia attira poco i temperamenti freddi, benché religiosi, per il fatto che questo tipo di persone separano troppo l’intelligenza dal cuore. La persona che la scrisse pensava che tutti fossero come lei, che tutti avessero una intelligenza ed un cuore fatti per conoscere ed amare Dio sopra tutte ed in tutte le cose. Siamo sicuri che le pagine di questo libro faranno molto bene alle anime sante od almeno che aspirano ad esserlo. La Madre Maddalena dice che scrive «per le anime buone o che vogliono esserlo; per quelli che cercano la loro propria santificazione e vogliono udire la chiamata di Dio alla santità» (cf. Terza Parte n. 12).

Chiudiamo queste pagine introduttive offrendo al lettore alcune sublimi parole che incontrerà verso la fine della presente autobiografia. Dice la Madre Maddalena a tutti quelli che leggeranno il suo scritto: «Compagno mio di viaggio: Quando leggi questo, già non mi troverai più sulla terra, ma pensa che sono passata per essa lottando e cadendo come te e più di te. Dal Cielo, prometto di aiutarti, di tenerti come caro fratello mio; e, se persevererai nei tuoi sforzi e propositi, ti assicuro che saremo compagni nel cantare le misericordie eterne di Dio e i trionfi dell’amore. Se quaggiù questo è a volte penoso, lassù sarà eternamente gioioso. Vale la pena, non ti pare? Apri gli occhi, anima cara, che Dio ci ha acquistato con il suo Sangue, non solo per salvarci, bensì per darci la vita piena della grazia. Lo ha detto Lui (Gv 10, 10): «Sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza» (cf. Quinta Parte, n. 3).

Salamanca, 10 febbraio 1971

Fra Arturo Alonso Lobo O. P.

Direttore della Rivista «La Vida Sobrenatural»

e docente all’Università Pontificia di Salamanca


DEDICA

1. A Gesù

2. A Maria

3. Al P. Arintero


1

A Gesù

Oh amore eterno, che hai lasciato le delizie del grembo divino per venire in questa valle di dolore ad accendere il fuoco del tuo santo amore nei cuori degli uomini! Io vorrei essermi trovata là a Betlemme, presso la porta, dove ti ha deposto la tua dolce Madre, nel primo momento nel quale sei apparso sopra questa terra, per ricevere nel mio povero cuore questo fiume d’amore, e dare al tuo la consolazione di incontrarne in seguito uno in cui accendere il fuoco che tu portavi.

Povero Gesù, mentre bruciavi in un incendio di amore, tremavi e piangevi di freddo!… Che mistero! Quale contrasto! Ma… capisco; il fuoco era tuo e il gelo era mio… L’amore ti fece prendere la nostra carne, ma senza lasciare di essere quello che eri; perciò soffristi il doloroso contrasto di queste due realtà tanto opposte tra loro…

Oh amore infinito di un Dio per noi! Oh incomprensibile ingratitudine umana, che facesti piangere e tremare di freddo un Dio avvolto in fiamme di amore, poiché non incontrava cuori da infiammare!

Gesù mio dolcissimo: oggi che la santa Chiesa celebra la memoria di questo ineffabile mistero, che io considero come se si compisse in questo momento, perché davanti a te non esiste passato, ti offro il mio povero cuore perché tu lo riempia tutto del tuo santo amore e possa io quindi trasmettere la virtù di questo fuoco a tutte le parole di questo povero scritto, chiedendoti che ciascuna sia come altrettanti carboni accesi che accendano, riscaldino e infiammino il cuore di tutti quelli che le leggeranno.

Fa’ che non ci sia nessuno, o Gesù, per la forza del tuo amore, che resti insensibile, ma che tutti, fino alla fine del mondo, ogni volta che leggeranno questo libro, ricevano aumento di luce, di verità e di amore, e a me sia concesso un giorno di morire vittima nelle sue dolci fiamme. Questo è l’unico compenso che io ti chiedo per questo piccolo lavoro che incomincio oggi a gloria del tuo amore e per adempiere alla tua santa volontà. Te lo offro per le mani di Maria santissima con tutto l’amore della mia anima.

Natale 1927

L’Apostolo dell’Amore

2

A Maria

Oh vera Sposa e Madre dell’Eterno Amore, Maria santissima! Voi foste l’oggetto di tutte le tenerezze e delicatezze dell’Amore divino, come sono descritte nel Cantico dei Cantici, che il Signore ha con quelli che lo amano. Come vera Madre nostra più di ogni altra al mondo, voi desiderate che tutte le anime giungano a godere di simili favori e che il divino Amante incontri in essi le sue delizie.

Nell’iniziare questo lavoro, che mi è stato ordinato per obbedienza, vi chiedo, o mia dolce Madre, la vostra materna assistenza. Voglio, o Maria, che tutte le parole che escono dalla mia penna siano impregnate di luce e di amore per accenderlo nelle anime e far conoscere a tutti le tenere delicatezze del Signore per attirarle al suo amore. Non c’è amante appassionato che usi tanti mezzi e che si sforzi in tanti modi, si umilii e abbassi tanto per guadagnare l’amore di un cuore, come l’ Eterno Verbo, Figlio tuo e Salvatore nostro, per farsi amare da un’anima.

La mia, tu lo sai o Madre mia, fu in maniera speciale oggetto di queste tenerezze ed attenzioni del Signore. Concedimi la grazia, o Maria, dato che il Signore lo vuole, di farle conoscere alle anime, unitamente a tutti gli incanti, le attrattive, le delicatezze e le grazie che egli, per pura sua bontà, operò in me, e come sia disposto a fare altrettanto con tutte le anime che vogliono amarlo e vivere solo per Lui.

Sono sicura che, da parte mia, non sono capace di far conoscere i delicati incanti che racchiude il vedere un Dio pazzo di amore per una povera creatura, e quello che fa quando vuole possedere tutto il suo cuore. Con quale pazienza l’attende! Con quale bontà l’accoglie e la perdona! Di quante astuzie si serve! Di quante persone e cose si serve per penetrare in un cuore e divenire suo padrone assoluto! Tutto quello che io posso dire sarà sempre meno di quello che in realtà sono queste tenerezze dell’amore divino…

Benedici, o Madre, questo scritto; spero, per esso, una parte di quella grazia della quale tu sei piena, perché attiri molte anime all’amore di Gesù e Tuo, e io muoia un giorno invocando il Tuo nome in un atto di perfetto amore a Dio. Tua figlia.

3

Al P. Arintero

Al Molto Rev.do Padre Fra Giovanni González Arintero O. P., Maestro in Sacra Teologia, padre e guida che il Signore ha dato alla mia anima.

Padre mio,

prima di dare inizio alla relazione che V. P. mi ordina di fare della mia vita, credo opportuno dirle le disposizioni della mia anima, i sentimenti che produsse in me il ricevere questo ordine e quelli che ora ho nell’apprestarmi a compierla.

Ricevetti, Padre, la lettera nella quale mi ordinava di fare questo l’11 dicembre; e, siccome tutte quelle di V. P. sono sempre per me un raggio di luce e un motivo di consolazione, così decisi di mortificare il desiderio di leggerla fino al giorno seguente dopo la mia visita quotidiana del mattino alla Vergine Immacolata. Non le pare, Padre, provvidenziale e una delle molte grazie che il Signore mi concede? Lui volle che questa, come tutte le cose mie di qualche importanza, mi giungesse manifestamente attraverso le mani di Maria santissima. Io infatti ho ricevuto, Padre, il suo ordine, inginocchiata davanti a questa dolce Madre e Regina d’amore e come se mi venisse dalla sua materna bocca. Mi sembrava come se Lei stessa mi dicesse: «Figlia mia, è Gesù che lo chiede; sii contenta che l’Amore si serva di te; chi lavora per l’amore riceve in compenso amore». Una grande pace inondò la mia anima, perché si sentiva totalmente conforme alla volontà di Dio. Non ebbi nemmeno un minimo sentimento contrario. Se fossi morta in quel momento, credo che Dio, in considerazione della mia sincera volontà di compierlo, si sarebbe comportato con me come se il lavoro l’avessi già fatto.

Non si oppose a questo né la vista della mia incapacità e della mia inettitudine a scrivere, —V. P. sa come scrivo male, poiché confondo lo spagnolo con l’italiano e non so bene né l’una né l’altra lingua—, e neppure la lunghezza del lavoro e il poco tempo disponibile che mi lasciano i miei impegni: infatti non sapendo niente nessuno devo farlo rubando i ritagli di tempo. Niente, per grazia del Signore, mi si è presentato né di queste né di altre cose simili che avrebbero potuto far sembrare difficile l’adempimento di questa obbedienza. Dio lo vuole! C’è qui, Padre, quello che mi allontana tutte le difficoltà, mi dà forza, animo, capacità per tutto. Dio lo vuole! Non mi è apparso per niente strano che V. P. me lo dicesse: io lo sapevo già da tempo; ciò che mi sembrava strano era invece che ancora non me lo ordinassero… Voglio essere fedele al Signore, come promisi in quell’occasione in cui mi chiese varie cose, tra le quali questa: «Mi prometti che lascerai te stessa e tutte le tue cose in potere di chi guida la tua anima con piena libertà di disporre di tutto senza la minima resistenza da parte tua, sicura che così si compiranno i miei disegni sopra di te?».

Se questo povero scritto, come fa sperare l’amore, si diffonderà un giorno nel mondo per dare luce alle anime e per accendere i cuori nell’amore divino, quanto contenti potremo essere, Padre! Con quale gioia guarderemo il cielo prendere il fuoco che noi accendiamo con questa prima scintilla!… V. P. nell’ordinarmi di fare questo, ed io nel compiere con amore il suo ordine! Se mi immagino che lassù una delle nostre maggiori beatitudini consiste non tanto nel godere noi di Dio quanto nel farlo amare…, senza questo, se non potessi far amare Dio, mi parrebbe che neanche in cielo sarei felice…

Ora, umilmente prostrata ai suoi piedi oso, Padre, chiederle una grazia: me la concederà? Che nessuno sappia di questo scritto prima della mia morte al di fuori di alcuni di voi. Abbiano pazienza e presto arriverà il giorno nel quale noi che già siamo in cielo ci uniremo a quelli della terra e tutti insieme allora glorificheremo, senza timore, l’Amore.

Di Vostra Paternità in Gesù aff.ma figlia che le bacia la mano e chiede la sua benedizione,

25 dicembre 1925

Maria Maddalena di Gesù Sacramentato

Passionista – Domenicana

Apostola dell’Amore


* Annotazione critica. Come è già stato rilevato e qui ripetiamo, l’autobiografia di Madre Maria Maddalena Marcucci che presentiamo in lingua italiana riprende integralmente e riproduce fedelmente in tutto l’edizione spagnola, curata da P. Arturo Alonso Lobo, Domenicano e pubblicata nel 1971 con il titolo: Apóstol del Amor. Autobiografía de Jesús Pastor (M. Maria Magdalena de Jesús Sacramentato, C. P.). Nell’edizione italiana si è creduto opportuno mantenere solo in parte le note dell’edizione spagnola e, senza avvisare di volta in volta, di aggiungerne altre, in modo da favorire il senso attuale dell’argomento. Nell’edizione italiana si è voluto inoltre offrire o in nota o a volte nel testo stesso assieme alle indicazioni degli autori sacri la traduzione dei passi biblici in latino. Le lettere, i cui originali erano in lingua italiana, purtroppo, nonostante il tentativo fatto per rintracciarli ed averli, non è stato possibile riportarle che in traduzione. Personalmente ci siamo impegnati a rivedere integralmente la versione italiana che abbiamo promosso dell’autobiografia della Madre Maddalena Marcucci non solo per garantire che fosse mantenuta in una corrispondenza per così dire letterale con l’originale spagnolo, ma anche, per quanto era possibile, per puntare a una vera traduzione, facendo in modo che il testo fosse curato nella forma e nella punteggiatura alla maniera italiana. In questo impegnativo lavoro di cambiare il modo spagnolo di scrivere in quello italiano, siamo stati aiutati con grande passione e generosità dalla Sig.ra Giulia Cornaglia Guerci di Castellazzo Bòrmida (AL) che di cuore ringraziamo. Soddisfatti degli obiettivi raggiunti, ma pure consapevoli che ci sono ancora tante cose migliorabili, facciamo appello alla gentilezza dei lettori, perché ci comunichino i loro suggerimenti, per offrire un testo ancor più corrispondente alla nobiltà del messaggio in un’eventuale nuova edizione.

1 Cf. La santidad es amor, Salamanca 1963, p. 21. Trad. it. La santità è amore, Edizioni CIPI, Roma 1989. Nella trad. it. non è stata ripresa l’Introduzione all’edizione spagnola, per cui in essa manca la citazione riferita.

2 Cf. Hacia las cumbres de la unión con Dios. Corrispondenza espiritual entre el P. Arintero y J. Pastor, Salamanca 1968, pp. 228-229. Trad. it. sulla II ed. spagnola del 1979 e pubblicata non con il titolo dell’edizione spagnola: Verso le vette dell’unione con Dio. Corrispondenza spirituale tra il P. Arintero e J. Pastor, ma così: J. PASTOR – G. ARINTERO, Al centro dell’amore. Corrispondenza spirituale 1922-1928, Coedizione Pro Sanctitate – Eco, Roma – San Gabriele 1981, pp. 311-312; 314; 323-325.

3 Cf. op. cit., p. 316. Nella citata traduzione italiana: J. PASTOR – G. ARINTERO, Al centro dell’amore. Corrispondenza spirituale 1922-1928, p. 316.

4 Cf. op. cit., p. 361. Nella citata traduzione italiana: J. PASTOR – G. ARINTERO, Al centro dell’amore. Corrispondenza spirituale 1922-1928, p. 361.

5 Di questa sua breve permanenza tra i Domenicani a Salamanca riferisce in un articolo, che porta il titolo «Impressioni di un viaggio a Salamanca», pubblicato in: La Vida Sobrenatural, 1958, pp. 50-56 e 367-372, da cui è ripreso il seguente passo (p. 54): «Approfittando di una pausa forzata durante il lavoro, ci sorpresero e ci rallegrarono (i Padri Domenicani) con una delicata proposta: si lavora per il P. Arintero…, i suoi resti riposano a pochi chilometri da qui, in un luogo che sembra abbia scelto lui stesso; era quindi logico fare una visita al caro Padre. Possiedono l’apprezzato tesoro le Religiose Clarisse di Cantalapiedra, di questo monastero da lui tanto amato e del quale esse si gloriano di averlo come confondatore, come dice l’iscrizione posta sul suo sepolcro. Accettiamo il gradito invito e in meno di due ore siamo inginocchiate davanti alla pietra che copre i suoi resti. Mentre il Reverendo P. Arturo Alonso Lobo, Vicepostulatore della Causa di beatificazione del Servo di Dio, celebrava il santo Sacrificio e ci dava la santa Comunione, approfittavamo della vicinanza di quella tomba venerata, offrendo a P. Arintero le nostre molteplici richieste».

6 Questo libro, che porta il titolo: En la cima del monte santo. Corrispondencia espiritual entre el P. Lozano O. P. y J. Pastor, C. P. (Sulla cima del Monte Santo. Corrispondenza spirituale tra P. Lozano O. P. e J. Pastor C. P.), fu effettivamente pubblicato nel 1972, con un totale di pp. 736. Di esso manca ancora la traduzione italiana.

7 La santidad es amor, Salamanca 1963, p. 7. Come è già stato rilevato, nella trad. it. non è stata ripresa l’Introduzione all’edizione spagnola, per cui in essa manca la citazione riferita.

8 Per conoscere le opere di Madre Maddalena già pubblicate rimandiamo alla bibliografia. Parecchi degli articoli, pubblicati nella rivista “La Vida Sobrenatural”, sono stati raccolti nella citata opera: La santidad es amor, Salamanca 1963. Nella trad. it. (La santità è amore, Edizioni CIPI, Roma 1989) non è stata ripresa l’Introduzione all’edizione spagnola e sono stati omessi, oltre qualche altro piccolo brano, i due ultimi capitoli interi, che insieme da soli costituiscono poco meno della metà dell’opera. Va inoltre rilevato che non sempre, Maddalena Marcucci, firmò i suoi scritti con lo pseudonimo “J. Pastor”. Certamente con il tempo si renderà necessario fare un lavoro critico e di investigazione che permetta l’identificazione e la catalogazione di tutti i suoi scritti pubblicati nella detta rivista, per utilità degli studiosi e di quanti sono interessati alla sua avvincente proposta di spiritualità.

9 È doveroso ringraziare qui, per la sacrificata e generosa collaborazione che hanno prestato nella preparazione e nella edizione di quest’opera, la Passionista Suor Maria Gemma della Vergine del Carmelo (che visse 33 anni con la Madre Maddalena) e le Religiose Passioniste di Erlanger, Kentucky (USA). Anche di loro si interessa dal Cielo la Madre Maddalena, perché si sono convertite in strumenti efficaci per la realizzazzione di questa impresa.

10 Cf. La verdadera mística tradicional (La vera mistica tradizionale), cap. VI, Salamanca 1925.

11 Cf. La evolución mística (L’evoluzione mistica), Ediz. BAC, Madrid 1952, p. 783.

12 Certamente per spiegare bene tutta la questione, nella quale è coinvolta anche la popolazione, inerente all’acquisto del terreno e alla costruzione della chiesa nella zona fuori Porta Elisa, detta dell’arancio, sarebbe necessaria una ricerca specifica. La Madre Maddalena di per sé ha ben poco da vedere con la questione della chiesa parrocchiale. Infatti lei, solo perché allora era casualmente superiora di turno, ha dovuto difendere i diritti della comunità e quindi opporsi a nome della medesima che la chiesa del santuario, di proprietà del monastero passasse in proprietà della curia arcivescovile e venisse trasformata in chiesa parrocchiale. Se il curatore dell’edizione spagnola si è permesso di affermare che questo sia stato uno dei motivi determinanti della deposizione senza preavviso da superiora della Madre Maddalena, significa che era a conoscenza della cosa ed ha prove per sostenerlo. Dalle ricerche fatte negli archivi non siamo però riusciti finora a trovare la documentazione necessaria al riguardo. La chiesa parrocchiale «dell’arancio» fu poi costruita a una decina di passi dal santuario di santa Gemma, quasi dirimpetto al santuario stesso. Se ciò sia stato in bene o in male, ai posteri l’ardua sentenza.

13 È stato pubblicato questo breve anticipo dell’autobiografia nell’opera: Hacia las cumbres de la unión con Dios. Corrispondenza espiritual entre el P. Arintero y J. Pastor, Salamanca 1968, pp. 23-31. Tale sintesi è stata riportata anche nell’ed. italiana: J. PASTOR – G. ARINTERO, Al centro dell’amore. Corrispondenza spirituale 1922-1928, pp. 21-33.

14 Cf. op. cit., pag. 299. Nell’edizione italiana: J. PASTOR – G. ARINTERO, Al centro dell’amore. Corrispondenza spirituale 1922-1928, p. 414 (7 dicembre 1927).

15 Cf. op. cit., pag. 301. Nell’edizione italiana: J. PASTOR – G. ARINTERO, Al centro dell’amore. Corrispondenza spirituale 1922-1928, p. 417 (27 dicembre 1927).

16 Nell’edizione italiana il testo di Maddalena Marcucci si distingue già di per sé da tutte le altre parti introduttive e complementari..