Libro Sesto – Il dolore

IL DOLORE[1]*

Parlare dell’amore di Dio, della sua bontà, e parlare del dolore, di quella tortura fisica e morale che perseguita in tutte le forme l’essere umano, sembra un paradosso. Sembra un paradosso che l’amore infinito di Dio disponga il dolore per opprimere gli uomini; e tuttavia è certo. Come è certissimo che Egli ama con particolare amore quelli che il dolore più stringe nelle sue tenaglie. Ecco le due persone più sante e più amate da Dio: Gesù e Maria, sua Madre. Del primo, si dice: “Uomo dei dolori” (cf. Is 53, 3). Della seconda: “Una spada ti trafiggerà l’anima” (cf. Lc 2, 35). La sua anima purissima fu, per tutta la vita, trafitta da una spada.

Per molti, il dolore è un mistero, un enigma indecifrabile, che li induce a bestemmiare.

Perché Dio permette questo? Perché non lo impedisce? Perché? Perché è buono e perché ci ama. Utile e necessaria è, per l’uomo peccatore, l’espiazione mediante il dolore e la penitenza!… Ed è tanto difficile trovare chi, per propria iniziativa, si sottoponga a compiere questo dovere di giustizia… Per questo, Dio stesso, suo malgrado, va dosando e distribuendo gocce del suo calice, di quel calice che Egli vuotò per primo fino alla feccia e la cui sola prospettiva lo indusse a dire: “La mia anima è triste fino alla morte” (cf. Mt 26, 38). Lo offre all’anima ad esempio dicendole: “Qui si sono accostate le mie labbra; ero anch’io di carne umana come te; ho sentito come te la ripugnanza fino a tremarne, a chiedere, se era possibile, che si allontanasse da me quel calice amaro pieno di tutti i dolori umani passati e futuri. “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice!” (cf. Mt 26, 39). So che cos’è il dolore, che cos’è il tradimento, l’inganno; so che cos’è la solitudine, l’abbandono; so che cos’è l’umiliazione, il disprezzo, la debolezza del corpo fino a cadere al suolo; so che cosa sono le piaghe, quelle cure dolorose, quelle medicine, quei rimedi amari… Quando mi strapparono rabbiosamente le vesti appiccicate addosso col sangue, rinnovandomi le piaghe; quando bevvi fiele e aceto in mezzo a insulti e disprezzi, pensavo a te, all’ora dei tuoi dolori”.

Tutto questo ce lo ripete Gesù quando ci visita col dolore. “O Gesù, quando verrai a me con la tua croce, fa’ che ti riconosca!”. Qui è tutto. Conoscere che è Lui che ci chiede che lo aiutiamo a portare la croce, a salvare le anime, a lavorare nell’anima nostra. Non è forse vero che Egli ci previene? Ricordiamo qualche momento di prova. Dapprima, l’impressione naturale è di orrore. Un’esclamazione ci viene alle labbra: se fosse possibile un rimedio!… E’ il “passi” (cf. Mt 26, 39) di Gesù. Ma poi viene quel “sia fatta la tua volontà” (cf. Mt 26, 42), così prezioso, che Gesù aspetta con ansia di udire da noi, affinché non restino frustrati i fini che il suo amore si propone nella prova a cui ci sottopone. Benedetto sia Dio! Se Lui vuole così, così sia. Che Egli mi dia forza e grazia, e avanti! Vengano i nemici a perseguitarci, a spogliarci di tutto, a lasciarci sul lastrico. Vengano le torture del corpo, le umiliazioni, le infermità. Ciò che Dio vorrà. Anche Lui soffrì tutto questo, anche Lui passò per questa via. E allora un’energia sovrumana si impossessa del nostro povero essere e ci fa ripetere: non sono io, è Gesù che soffre in me. E’ questo che Egli vuole: che ci uniamo a Lui per amore. In questo modo, Egli eleva le nostre pene al merito di quelle della sua passione e morte, ci associa all’opera grande della redenzione continuata col sacrificio dei nostri Altari. Là Egli ci unisce come due ostie in un solo sacrificio, Gesù e l’anima che soffre e che riceve il dolore come un dono grande del suo amore, come segno di predilezione. Al sacrificio della Messa, vuole che si uniscano le membra mistiche del suo corpo. Ogni fedele in grazia è carne di Gesù, e la carne di Gesù deve essere immolata e inchiodata sulla croce. Ma è certo anche che quanto più aspra è la tortura, più glorioso sarà il trionfo. Gesù non muore, e l’anima che a Lui è unita nemmeno. Immolarsi con Gesù è prepararsi per una vita nuova, piena, divinizzata. Lo dice S. Paolo: “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. (…) Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (cf. 2 Cor 5, 17.21).

La virtù non s’improvvisa. Gli atti eroici sono come il coronamento di una serie di lotte. “I beni morali non si ricevono da altri come eredità, ma è necessario acquistarli con uno sforzo proprio, personale… L’uomo decaduto deve farsi violenza per vivere come lo richiede l’onore di Dio e la dignità propria dell’uomo”.

Passa il dolore, passano i persecutori con i loro istinti feroci, con quella apparente forza che terrorizza, con le loro ambizioni e ingiuste pretese. Ma i martiri gloriosi, immolati da Dio, vivono con i loro esempi, attirano con la loro grazia, danno forza ai deboli, ai vacillanti. Colui che ha l’onore di essere scelto per ingrossare le file di questi atleti gloriosi, come non deve apprezzare la sua sorte e non vedere il grande amore che Dio ha per lui? Alle parole dell’Apostolo: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me” (cf. Gal 2, 20), egli può aggiungere: mi ha amato, e per questo mi ha chiamato con predilezione ad accompagnarlo nel sacrificio, nel dolore. Perché, essendo così, sono tanto pochi quelli che comprendono questa verità? C’è ancora poca luce negli uomini. Si affrettino, allora, ad andare avanti, affinché non finiscano per trovarsi del tutto senza luce.

Non sempre Dio chiede sangue. C’è un sangue dell’anima. Ci sono sacrifici che uccidono a fuoco lento, che durano anni, tutta la vita. Un fuoco che non dà fumo né arde davanti agli uomini. Per questo, è a volte più ardente e più attivo nei suoi effetti. Tutti quelli che così soffrono e si sacrificano con amore silenzioso a Dio, sono visti solo da Lui.

Si consolino! Dio li guarda compiaciuto. Li ama con predilezione. E’ Lui che li sostiene con la sua grazia, e molto presto asciugherà le loro lacrime e sarà la loro ricompensa grande e per sempre. “La tua ricompensa sarà molto grande” (cf. Gen 15, 1).


[1]* Cf. La Vida Sobrenatural, gennaio-febbraio 1962, pp. 19-22.