9. Sulle spalle del Divino Pastore

9. Sulle spalle del Divino Pastore

Sono dieci anni che conservo nel Breviario una immaginetta del Divino Pastore con una pecorella sulle spalle. Sulla pecorella ho posto a piccole lettere queste parole: «Erravi sicut ovis quae periit».14 Dietro l’immaginetta ho scritto il seguente testo del Profeta Ezechiele:

«Perché così parla il Signore Dio: ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. Come un pastore passa in rassegna il gregge, quando si trova tra il suo gregge disperso, così passerò in rassegna le mie pecore, e le trarrò in salvo da tutti i luoghi dove si erano disperse nel giorno di nube e tenebra. Le ritrarrò di mezzo ai popoli e le radunerò da ogni paese. Le ricondurrò nella loro terra, le pascolerò sui monti d’Israele, nelle valli e in ogni luogo abitato del paese. Le condurrò in ottimi pascoli; il loro ovile sarà sulle vette più alte della regione: là riposeranno in comodo recinto e avranno pingui pascoli sui monti d’Israele. Io stesso condurrò il mio gregge al pascolo e lo riporterò al luogo del suo riposo. Cosi dice il Signore Dio» (cf. Ez 34, 11-15).

Volli trascrivere questo testo biblico perché ritrae molto bene quello che il Signore fece con me nel giorno di nuvole e di tenebre per il mio intelletto e come nella sua infinita misericordia quale pietoso pastore, mi raccolse tra i popoli e le nazioni, cioè dal mondo e dalle sue vanità, per nutrirmi in pascoli erbosi sui monti di Israele che è la sua santa casa con l’abbondanza delle sue divine grazie. Come medico benevolo curò e fasciò le mie ferite, ossia il danno che la mia anima aveva ricevuto dal contatto con il mondo e mi diede vigore e forza per entrare in un Ordine religioso e poterlo seguire così sulla via del sacrificio.

La «prima conversione»

Quando feci questa annotazione sulla citata immaginetta avevo presente quanto tempo era trascorso dalla mia prima comunione fino alla mia conversione che avvenne a tredici anni. Lo scopo che mi mosse a copiarla fu tener presente e ricordare spesso la misericordia infinita del Signore verso la mia povera anima. L’età che ho appena ricordato è quella che credo più critica e pericolosa, specialmente per un carattere come il mio, vivo, intelligente, sfrenato e deciso, che non si accontenta di cose a metà, come certi temperamenti timidi, introversi, che hanno sempre paura e non sanno mai risolversi a niente. Io, tra i dodici e i tredici anni, credo di aver sperimentato l’imperioso bisogno che il cuore sente di amare, più di altre giovani di diciotto o vent’anni. Povera me se non mi fossi attaccata all’amore di Gesù. Cosa sarebbe stato della mia povera anima, se fosse entrato prima del Suo amore nel mio cuore, così ardente e vuoto, un altro affetto! Credo che sarebbe rimasta presto vittima funesta della cieca passione dell’amore che tanto imprigiona la gioventù strappando a Dio molti cuori, creati solamente per amare Lui.

Avevo qualche dubbio intorno all’anno preciso della mia conversione della quale ora parlerò; cioè se fosse l’anno 1901 o 1902. Facendo bene i calcoli e tornando a guardare bene gli appunti vedo che fu il 1901, poco prima di compiere i tredici anni. Era la Domenica di Risurrezione, che in quell’anno cadde il 7 di aprile. Andai come al solito alla chiesa per i vespri solenni, il discorso, eccetera. Al termine della funzione di solito io ero se non la prima una delle prime che uscivano dalla chiesa. Quel giorno, senza sapere perché, invece di alzarmi rimasi lì a guardare quelli che uscivano, senza potermi decidere ad uscire. Quello che allora sentivo nel mio intimo, per quanto mi sforzi di dirlo, credo di non saperlo dire: è impossibile spiegare quello che è opera della mano del Signore. Era da tanto tempo che questo Divino Pastore mi aspettava…, che mi attraeva e mi chiamava con forza sovrumana!… Ma ormai era arrivata l’ora beata dell’incontro. Ho ben presente quei momenti solenni e quello che in me avvenne come se fosse successo adesso. Ero seduta sul bordo di un banco e sentivo nel cuore un vuoto immenso, un’ansia che mi innalzava all’infinito, mille voci in un silenzio totale. Mi sentivo stanca, tutto mi disturbava e mi si presentava davanti alla vista per quello che è: un nulla. Per un po’ guardai verso la gente che usciva e per un altro po’ verso il tabernacolo…. Erano come due forze o voci: il mondo e Gesù, che rivendicavano il mio cuore… Che voci erano quelle, che sguardi erano i miei! Che cose dicevano! Alla fine, come presa da una mano invisibile, mi alzo (avvicinandomi al Pastore che con le sue parole d’amore mi chiamava) e vado ad inginocchiarmi sui gradini dell’altare.

Stavano lì delle giovinette, una di dodici e l’altra di quattordici anni. Proposi loro se volevano fare con me la Via Crucis; accettarono volentieri. Mi dissero che la guidassi io. Pregammo davanti al Santissimo l’atto di contrizione e poi cominciammo a percorrere le quattordici stazioni. Quello che la mia anima sentiva dal principio fino alla fine guardando questi quadri sui quali già tante volte si erano posati i miei occhi senza comprenderli e senza che producessero in me alcun effetto, solo Dio e la mia anima che lo esperimentò possono saperlo. Fissavo gli occhi intenerita in ciascuno di quei misteri di dolore e di amore e al vedere Gesù in questo atteggiamento umile e paziente in mezzo a gente tanto perversa, oppresso da tante fatiche e dolori, caricato della croce, caduto al suolo, lasciare la terra intrisa di sangue, nell’incontrarsi con la sua afflittissima Madre, oh quali voci io udivo nel fondo della mia anima! Oh come sentivo dirmi: «Io mi consegnai nelle mani dei miei nemici per liberare te dai tuoi… Ho percorso questa via, ho attraversato queste fatiche per te, per cercarti; ho salito l’aspra via di questo monte per cercare te, povera pecorella smarrita che ti allontanavi inconsciamente dal tuo pastore!…». Gesù e Maria salirono per me l’aspro monte del dolore… per andare in cerca della mia anima… O Gesù, o Maria, quanto mi avete amato! Nessuno mi ha amato come voi, nessuno ha fatto e sofferto per me tanto come voi: lo compresi. E quanta luce proiettò nella mia anima la conoscenza di un così grande amore!

Terminato il devoto esercizio, nella mia anima si era operata quella trasformazione che soltanto la mano di Dio può operare. La pecorella era già sulle spalle del Divino Pastore per non allontanarsi mai più da Lui, né dal suo riparo… Questo fu un giorno memorabile che giammai si cancellerà dalla mia mente. Il suo ricordo mi servirà sulla terra per essere fedele a Dio che tanto mi amò e in cielo per cantare eternamente le sue misericordie. Da oggi in avanti i miei affetti, i miei desideri, le mie aspirazioni saranno completamente mutati: la mia anima si riposerà tra verdi erbe accanto al suo pastore, senza allontanarsi mai più dal suo amoroso sguardo.

Se è bello vedere un Dio amante che, vinto dal suo amore per una povera creatura sua, posa sopra di lei il suo divino sguardo, segue tutti i suoi passi senza lasciarla un istante, si disfà in mille maniere per essere da lei amato, le fa udire il sussurro della sua voce e le ripete dolcemente il «Volgiti, volgiti: vogliamo ammirarti» (cf. Ct 7, 1); se tutto questo, ripeto, è da un lato bello ed incantevole, giacché ci rivela la bontà immensa del celeste Amante, da un altro lato è pure molto triste e doloroso se quella creatura tanto amata e ricercata dal re del cielo non risponde a queste voci di amore, non conosce questo amante divino che in un modo o nell’altro le dà prove del suo amore e le chiede il suo. Ma quando Dio chiama ed è udita la sua voce, quando tra il Creatore e la creatura c’è, in quanto possibile, corrispondenza di affetti, quando questa riconosce l’amore infinito del suo Dio e, nonostante la sua incapacità e impotenza a sviluppare l’amore che dovrebbe, animata dalla sua eccessiva bontà risponde alla sue voci, lo segue, lo chiama a sua volta anche lei, lo cerca se si allontana e non si lascia vedere, mentre il celeste Amante va dietro di lei, nascosto, compiacendosi di essere così ricercato e chiamato…..; oh, è tutto questo così piacevole e bello! È il quadro più ammirabile ed incantevole che possa presentarsi alla vista di un’anima in cui lei incontra quello che c’è di più grande e tenero, quello che il suo cuore desidera ansiosamente, le delizie più pure, la realizzazione delle immense speranze che ha in sé, tutto quello di cui ha bisogno e che si attende. Il medesimo Spirito Santo conferma questo nel Cantico dei Cantici, là dove si mostra a noi in un idillio, nel canto più sublime, nella più bella armonia dell’amore, del più grande e unico vero amore: quello di Dio verso la sua creatura.

Con quale piacere infatti da qui in avanti io parlerò di questo amore; di quello che il Signore fece per la mia anima, delle sue tenerezze, delle sue delicatezze e protezione con la quale ha vegliato sopra di me, mi ha custodito e difeso fin dal giorno nel quale mi affidai a Lui.

Volando verso le vette

Quello che il Signore fece per me, lo comprendano bene tutte le anime, tutti quelli che leggeranno queste righe, è disposto e vuole farlo a tutte senza eccezione, se ascoltano la sua voce e si lasciano portare, sulle sue pietose spalle, all’ovile. Ho desiderato tanto giungere a questo punto del racconto della mia vita per poter parlare non tanto della mia ingratitudine e freddezze, come ho fatto fin qui, ma di quello che fece in me l’amore divino, delle sue segrete operazioni nella mia anima. Se per adempiere l’obbedienza che mi ha ordinato che questa relazione fosse completa ho dovuto trattenermi sulle cose anteriormente dette, non è stato senza un po’ di violenza per il desiderio che ho di giungere a questo punto e poter spiegare il desiderio che mi consuma di far conoscere a tutti «quanto è buono il Signore» (cf. Sal 33, 9). Nessuno pensi per questo che ci sia nella mia vita qualcosa di straordinario, di grande o di quello che si suole spesso ritenere tale, per il fatto di essere raro o straordinario. L’opera del Signore nella mia anima è stata molto delicata e nascosta, fino al punto che se non fosse intervenuta l’obbedienza sarebbe rimasta nascosta certamente per sempre. Soltanto il mio cuore la conosceva, l’amava e l’apprezzava. Alla luce della verità, nella quale il Signore mi fece veder il tutto, compresi e conobbi che tutto era grande per il fatto di essere indirizzato a disporre la mia anima all’unione e alla trasformazione nel sommo bene.

O Gesù, dolce mio bene, alla fine mi hai raggiunto; quanto ti ho fatto correre per raggiungermi e possedermi. Ma tu hai fatto sì che io mi lasciassi raggiungere… La mia anima ti conobbe, ci conoscemmo entrambi e ci affidammo l’uno all’altro, senza riserva, promettendoci amore. È legge del tuo sovrano amore il nasconderti all’anima che ti ama, il correre come gigante sulla tua strada, per la quale lei ti segua in ansia di amore e ti dia così prove di vero affetto. Corri, corri Amore mio, fuggi quanto vuoi, amato mio; correrò pure io per possederti, dietro il profumo dei tuoi unguenti; non mi fermerò un istante nella mia corsa! Sai fin dove ti seguirò correndo senza sosta? Fino a che ti incontrerò, fin là sulle alture eterne dove tu abiti e dove ti dai tutto intero alle anime. Ora tu ti dai a me solo in parte, come per provocare nella mia anima la fame di te e obbligarmi a correre con più ansia verso il possesso di te. Corri Amore mio, corri; io so che tu non potrai superare i tuoi limiti che sono l’interminabile eternità, i monti eterni dove al fine giungerò anch’io; e allora… Tu sarai necessariamente tutto mio e io tua, e riposeremo eternamente noi due...

Intanto lascia che io, con le parole che il tuo medesimo Spirito mi mette sulle labbra e mi fa ripetere tutti i giorni, canti la vittoria che hai riportato sulla mia anima e il soccorso che mi offri e mi dai appena ti invoco e ricorro a te. È il soccorso che sempre dai a tutti quelli che invocano il tuo aiuto per lottare e vincere i nemici che si incontrano sul cammino che conduce a te.

Salmo 90 La divina protezione

Tu che abiti al riparo dell’Altissimo

e dimori all’ombra dell’Onnipotente,

di’ al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,

mio Dio, in cui confido».

Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,

dalla peste che distrugge.

Ti coprirà con le sue penne

sotto le sue ali troverai rifugio.

La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza;

non temerai i terrori della notte

né la freccia che vola di giorno,

la peste che vaga nelle tenebre,

lo sterminio che devasta a mezzogiorno.

Mille cadranno al tuo fianco

e diecimila alla tua destra;

ma nulla ti potrà colpire.

Solo che tu guardi, con i tuoi occhi

vedrai il castigo degli empi.

Poiché tuo rifugio è il Signore

e hai fatto dell’Altissimo la tua dimora,

non ti potrà colpire la sventura,

nessun colpo cadrà sulla tua tenda.

Egli darà ordine ai suoi angeli

di custodirti in tutti i tuoi passi.

Sulle loro mani ti porteranno

perché non inciampi nella pietra il tuo piede.

Camminerai su aspidi e vipere,

schiaccerai leoni e draghi.

Lo salverò, perché a me si è affidato;

lo esalterò, perché ha conosciuto il mio nome.

Mi invocherà e gli darò risposta;

presso di lui sarò nella sventura,

lo salverò e lo renderò glorioso.

Lo sazierò di lunghi giorni

e gli mostrerò la mia salvezza (Sal 90, 1-16).

La bontà del Signore espressa in questo Salmo 90, la sua grande misericordia e la grande protezione che ha verso i suoi, le vedremo tutte realizzate nella mia povera anima, Dio permettendolo, nel corso di questa storia

Si interrompe e si riprende la «autobiografia»

Il 20 febbraio dell’anno 1928, trovandomi a questo punto, il Signore portò a miglior vita il Molto Rev.do P. Fra Giovanni González Arintero. Interruppi questo scritto.

Oggi, 2 maggio dello stesso anno, continuo per ordine del mio nuovo direttore, il Rev.do P. Fra Sabino Martínez Lozano O. P.


14 Cf. Sal 118, 176. Letteralmente: «Errai come una pecora che è andata perduta».