22. Felici incontri

22. Felici incontri

Benché io non ne sapessi nulla le monache Passioniste erano già arrivate a Lucca. La profezia di Gemma Galgani incominciava a compiersi. Lei aveva detto: «Gesù vuole un convento di monache Passioniste qui a Lucca». Erano venute da Corneto-Tarquinia due religiose per dare inizio all’opera. Acquistarono provvisoriamente parte di un antico e grande convento di Francescane, rimanendo lì fin quando la provvidenza non avesse provveduto loro un convento proprio.

Vediamo la maniera provvidenziale con la quale il Signore dispose che io mi mettessi in relazione con loro. È per me una vera soddisfazione il rivelarlo, perché si veda e si lodi la bontà di Dio.

La madrina di battesimo

La signora, donna Teresa Montaldo, mia madrina di battesimo, anche dopo aver lasciato di vivere in casa mia, continuò ad interessarsi di me, domandando ed informandosi della mia condotta. Manifestò un interesse speciale, quando seppe che pensavo di lasciare il mondo. Una ragazza che viveva vicino a casa mia, era solita recarsi da lei per aiutare le domestiche nelle pulizie della casa. Un giorno la signora atraverso di lei mi mandò questo messaggio: «Di’ a Beppina che prima di partire per il convento voglio che venga a trascorrere qualche giorno con me». Io ero sicura che la mamma non mi avrebbe lasciato andare, poiché non eravamo mai uscite, né avevamo mai trascorso una notte fuori di casa. Per lei questa era una legge: non permettere alle sue figlie di separarsi da lei. Ma per Dio non c’è legge che tenga, essendo Lui la legge suprema di tutto. Erano anni che io non avevo visto la mia madrina, le scrivevo soltanto qualche volta. La mamma vedendo che, nonostante una certa nostra indifferenza, ella aveva avuto la bontà e la delicatezza di esprimere quel desiderio, un giorno volle portarmi con mia sorella Elisa a farle visita, per mostrare la nostra riconoscenza per la sua attenzione.

Non mi aveva più rivista da quando ero bambina, quando ero piuttosto impertinente e ribelle, perché non potevo stare ferma un minuto; ora invece avevo 17 anni.

Che soddisfazione fu per la buona signora vedermi alta, giovane, pia, che non avevo altri desideri che quello di lasciare il mondo per dedicarmi tutta a Dio, che lei stessa amava molto! Mentre la mamma le diceva che noi due le avevamo chiesto il permesso per farci religiose e che stavamo cercando di ottenerlo e partire presto, rispose immediatamente: «Voglio che Beppina si fermi qui ora con me alcuni giorni, perché diversamente temo che se ne fugga, senza darmi questa soddisfazione». Io non sapevo che lei era la persona designata da Dio per aprirmi la strada. Per indurre più facilmente la mamma ad accogliere i suoi desideri, le disse che poteva lasciare lì anche mia sorella. Davanti a ciò, nonostante rimanesse molto sulle sue, perché dovette costarle assai lasciare lì le due figlie e tornare a casa da sola (non era abituata infatti a separarsi da loro), dovette accondiscendere e compiacerla.

Quando la mamma se ne fu andata e noi potemmo parlare apertamente a donna Teresa e dirle i nostri piani, le misure che avevamo preso, il desiderio di essere Passioniste, ci rispose: «Se volete, io vi porterò a parlare con le monache». Come potevamo non volere? Era l’unico nostro anelito, vederle, parlare loro direttamente della nostra ammissione e ancora di più, andarci accompagnate e presentate da una tale buona e rispettabile signora, che tanto si interessava di noi… Mi sembrava tutto un sogno, mi consumavo di gratitudine al Signore, considerando la sua paterna cura. Tutte le mie sofferenze anteriori mi parvero un nulla.

A questo si aggiunse un’altra particolare circostanza. La signora Montaldo conosceva donna Cecilia Giannini, madre adottiva di Gemma, che stava in intima relazione con le Passioniste che erano appena arrivate, aiutandole e favorendole come una madre. Era lei infatti una delle prime benefattrici che ebbero le Passioniste in quella fondazione. Per questo donna Teresa si rivolse a lei pregandola che ci accompagnasse dalle monache. Così ci andammo tutte e quattro; non potevamo avere compagnia migliore. Quali speranze e consolazioni! Come mi batteva il cuore di felicità nell’avvicinarmi a quel convento dove stavano le Passioniste (via dei Fossi n. 8)! Mi sembrava che il Signore mi facesse presentire che quel luogo benedetto sarebbe stato la culla della mia vita religiosa, il luogo dove mi attendeva per dare alla mia anima il latte delle tenerezze del suo amore soave. Le due Madri con le quali ci siamo intrattenute erano la Madre Maria Giuseppa del Cuore di Gesù e Madre Maria Gabriella della Vergine Addolorata, che più avanti farò meglio conoscere ai lettori.

Entrando in parlatorio, donna Cecilia, con la franchezza che le veniva dalla confidenza che aveva con la Madre Giuseppa, che era la Superiora, disse: «Madre, apra la tendina per vedere due postulanti che le abbiamo condotto». Per la voglia che avevo di vederla, non ricordo quello che provavo. Quando mi vidi davanti, attraverso la grata, quelle due venerabili e sante Madri, con quei maestosi abiti neri e lo stemma della passione sul petto che era da molto tempo il mio anelito e il mio sogno, mi sembrò che una saetta mi colpisse il cuore. Non so esprimere quello che sentii… Da quel giorno non dubitai più nemmeno un istante della mia vocazione. Dio mi voleva Passionista; ero sicura. Si cancellò dalla mia mente il pensiero di qualsiasi altro Istituto, per lasciarmi solo quello delle figlie di san Paolo della Croce. Le difficoltà sorte in seguito, mi hanno fatto però qualche volta dubitare sul modo di superarle, ma sono stata sempre sicura che se il Signore mi avesse concessa l’incomparabile grazia di arrivare ad essere sua sposa, sarei stata senza dubbio Passionista. Sentivo questo molto chiaramente…: o Passionista o niente.

La nostra prima conversazione con le monache durò circa due ore. Ci dilungammo per informarci minuziosamente di tutto, restando da entrambe le parti completamente soddisfatte. Le stesse monache in una certa occasione mi dissero, quando io già stavo con loro: «Il giorno in cui siete venute voi per la prima volta, eravamo tristi ed afflitte per un dispiacere che avevamo avuto, ma il vedere due giovani, così decise e disposte ad entrare quanto prima, ci consolò tanto che tutta la tristezza e la pena se ne andarono». Ci separammo con la dolce speranza di tornare presto a riunirci, per avere la fortuna di vivere unite tutti i giorni della nostra vita e cantare le misericordie del Signore. Il giorno tanto desiderato però non era tanto vicino come sembrava al mio cuore.

Monsignor Giovanni Volpi

Durante la settimana che restammo con donna Teresa, ci capitò di fare un’altra conoscenza molto provvidenziale che io, incominciando il presente capitolo, ho chiamato con ragione: incontro felice. Questo avvenne con il degnissimo e santo vescovo ausiliare della sede di Lucca, già confessore di Gemma Galgani ed ora anche della mia madrina. Noi andavamo insieme in chiesa e un giorno ci portò da lui per parlare delle cose della nostra anima e dell’argomento della vocazione. Lui era molto propenso e favorevole, come si può immaginare, alla nuova fondazione.

Fu nella chiesa di S. Michele, dove andava Gemma, nello stesso confessionale dove si confessava lei, che io parlai per la prima volta con Monsignor Giovanni Volpi. Non dico questo perché prima non lo conoscessi. Da sempre l’ho conosciuto e lui me, così bene che si può dire che mi vide nascere. D’estate spesso veniva a passare delle giornate al mio paese nella villa di una sua zia marchesa, distante circa dieci minuti da casa mia. La mamma ci aveva abituate, appena lo vedevamo passare di andargli subito incontro per ricevere la benedizione e baciargli la mano. Lui, per farci più contente, a volte si abbassava e ci faceva baciare la croce d’oro che portava al collo. Tra le bambine che gli si facevano attorno, io ero quella che aveva più interesse di tutte ad avere tale privilegio. Per conseguirlo fissavo i miei occhi sulla croce finché non me lo concedeva. Se gli avessi detto: «voglio baciare la croce», non lo avrebbe capito così chiaramente. Ma fuori di queste occasioni non ho mai parlato con lui, né osavo farlo, e molto meno di cose della mia anima.

Quanto fui riconoscente al Signore e alla mia buona madrina alla fine del colloquio con quel santo vescovo! Mi sembrava di aver parlato con un angelo. Che anima piena di Gesù e di zelo per la sua gloria! Da quel giorno io ebbe in lui un consigliere ed una guida che si interessò per il bene della mia anima finché rimasi nel mondo. Ogni volta che veniva a S. Gemignano eravamo solite andare insieme da lui per parlare e confessarci, con immenso profitto della nostra anima. Lui stesso, dopo aver celebrato nella cappella privata della marchesa, aveva la bontà di farci segno che potevamo andare a parlargli.30

Per questo e per altri motivi che sarebbe troppo lungo enumerare, si vede quanto proficuo fu quel soggiorno di una settimana nella casa della mia madrina. Quanti esempi di virtù avemmo modo di ammirare in lei e nelle persone devote che frequentavano la sua casa! Essa era una che primeggiava nella guida di opere caritatevoli, confraternite e catechismi. Aveva in casa un guardaroba per i poveri, armadi pieni di vestiario preparato da signore e signorine sotto la sua direzione… Partimmo dalla sua casa molto rifornite nello spirito ed ho sempre considerato una grazia molto particolare del Signore l’avermi concesso di passare quei giorni con lei. Mi sentivo come sotto il peso delle misericordie divine e molto incoraggiata per andare avanti nel bene fino al punto da sembrarmi di avere le ali per volare. Quei favori non erano che il preludio delle grazie grandi che il Signore mi aveva preparato ed insieme un mezzo per fortificarmi nelle prove e nelle difficoltà che ancora dovevo incontrare prima di poter cantare l’inno di grazie e dare al mondo il sospirato addio per sempre.


30 Mons. Giovanni Volpi nacque a Lucca il 27 gennaio 1860. Nel 1897 fu nominato vescovo ausiliare della sua città e il 2 novembre 1904 vescovo di Arezzo, facendone però ingresso l’8 settembre 1905. Da notare che dopo la morte dell’arcivescovo di Lucca, Mons. Nicola Ghilardi, avvenuta il 4 luglio 1904, Mons. Volpi fu eletto Vicario Capitolare, ufficio che esercitò per 8 mesi, fino alla presa di possesso del nuovo arcivescovo Mons. Benedetto Lorenzelli. Fu dunque durante la sua reggenza che Madre Giuseppa venne a Lucca per dare inizio alla fondazione del nuovo monastero delle Passioniste. Rimase ad Arezzo 15 anni. Costretto a rinunciare al servizio di quella diocesi dal Papa Benedetto XV, nella notte tra il 10 e l’11 giugno 1919 se ne partì per S. Gemignano (LU), dove rimase per alcuni mesi; da qui il 31 ottobre 1919 si recò a Roma, dove in umiltà e nascondimento continuò a lavorare intensamente per la gloria di Dio e la salvezza delle anime e dove il 19 giugno 1931 morì santamente all’età di 71 anni. Dal 17 giugno, giorno di una più intensa crisi, passava le ore, come testimonia il suo segretario, Barsanti, «in silenzio e in quiete senza nulla domandare, ripetendo talvolta con molta espressione: Gesù Amore, dammi il tuo amore». Una volta gli chiese se voleva qualcosa ed egli rispose: «Il Paradiso». E un’altra: «L’amore di Gesù». E ancora: «Morire in un atto di amore per Gesù». Don Gragnani afferma: «Durante tutta la malattia fu sommamente quieto, tranquillo, abbandonato alla volontà di Dio, quasi continuamente in preghiera. Non si lamentò mai di nulla, non chiese nulla, ma prese docilmente tutto quello che gli veniva somministrato. Non ebbe tentazioni di sorta, né momenti di umanità e di attaccamento alla terra» (cf. ANGELO TAFI, Il Servo di Dio Mons. Giovanni Volpi 1860-1931, Arezzo 1981, p. 474). Celebrati i funerali a Roma il 22 giugno, la sua salma fu trasferita a Lucca, dove fu sepolta in modo particolarrmente solenne il 24 giugno nella chiesa degli Angeli Custodi. È già stato introdotto il Processo di beatificazione e la Madre Maddalena vi fu chiamata a deporre come testimone di particolare importanza. Il 9 dicembre 2000 ci fu la traslazione delle sue spoglie mortali dalla chiesa degli Angeli Custodi al santuario di santa Gemma: sono deposte di fronte a quelle di P. Germano. In questo modo si è finalmente data attuazione al desiderio che Mons. Volpi espresse nel proprio testamento di essere sepolto presso la sua figlia spirituale santa Gemma.