32. Il sacrificio

32 Il sacrificio

Nella pace beata della mia anima e nell’amata compagnia delle mie ferventi e care postulanti e novizie, trascorrevano dolcemente i giorni del mio postulandato, con la speranza di poter presto essere anch’io rivestita della santa divisa della passione. Effettivamente così si prevedeva, poiché circa la mia vocazione non avevo dubbi, per la misericordia del Signore. La mia salute, benché sempre molto debole, da quando ero nel convento, era andata migliorando. Le monache parlavano di darci il santo abito il giorno 21 novembre, festa della Presentazione di Maria santissima al tempio, giorno particolarmente caro al nostro Istituto. Nel sentire questo, il mio cuore esultò di gioia; mi sembrava che quando avessi vestito il santo abito il Signore mi avrebbe concesso più grazie. A volte solevo dirglielo stando nella cappella: «Gesù mio, ora sono davanti a te con questi miserabili abiti secolari, ma quando potrò presentarmi con l’abito religioso fatto secondo i tuoi desideri, ordinato da Te, di cui fu vestita per la prima volta la santissima Vergine, mi sembra che ti piacerò di più e che Tu mi guarderai con maggior amore e compiacenza e il Tuo cuore si vedrà maggiormente obbligato a concedermi le grazie che ti chiedo».

Così pensavo e mi facevo la dolce illusione che si sarebbe realizzato; ma è una grazia così immensa quella di appartenere a Gesù, di vestire l’abito di un Istituto religioso e di essere così riconosciuti anche esteriormente come suoi, che prima di raggiungerla il Signore permette che le anime siano molto provate mediante il sacrificio, affinché poi siano fedeli nel seguirlo e non disonorino l’abito che li distingue come suoi tra mille. La negazione di sé e il sacrificio, è infatti ciò che Lui ha promesso a quelli che lo seguono.

Si ritarda la vestizione

Un giorno che la mamma venne al convento noi ci affrettammo a darle la notizia (per noi) tanto consolante: «Mamma, presto ci daranno il santo abito. Quanto siamo felici, che beatitudine la nostra!». Ma a lei non sembrava così, e ci disse: «È ancora presto, tu specialmente sei troppo giovane (18 anni). Ho paura che tu non conosca bene quello che fai, abbracciando una vita così austera e che poi tu possa tornare indietro, o ti penta e vada avanti per forza, vivendo una vita triste ed infelice».

Povera mamma, quanto era lontana dal conoscermi e dal conoscere l’avvenire! Se allora avesse visto la sua Beppina mentre scrive questo e avesse potuto penetrare nel suo cuore, avrebbe visto quanto si sbagliava e come, se c’è felicità sulla terra, quella più pura la godeva sua figlia. Si sarebbe accorta che tutti i giorni della sua vita sono stati una festa ininterrotta, perché ha cercato e indovinando ha posto sempre la sua gioia nell’amare e sempre ha trovato una corrispondenza infinita, perché infinito è il bene che lei ama. Ma il Signore è buono ed aveva indubbiamente compassione delle sue idee, che a lei sembravano così prudenti ed appropriate. È inutile dire quanto sentii nell’anima questo parere della mamma e soprattutto perché la Madre mi disse che in nessun modo dovevo recarle dispiacere e che era, anzi, conveniente compiacerla per non costringerla ad obbligarci ad attendere che fossimo maggiorenni.

Quanto triste mi rese il vedermi allontanata da una così sospirata gioia! Quale sacrificio dovetti offrire al Signore! Ma me ne attendeva ancora un altro molto più doloroso.

Quando i parenti e i conoscenti vennero a sapere la notizia dalla mamma, ciascuno, secondo la sua errata opinione, lodava ed approvava la sua determinazione. Ci fu chi le disse che aveva fatto bene, soprattutto per il fatto che si trattava di una comunità in via di fondazione, che non era ancora molto sicura e che io, data la mia giovane età e la scarsa salute, non avrei potuto resistere ecc. Ci fu persino chi le disse che non doveva fidarsi di quello che noi le dicevamo (noi le assicuravamo di essere contente e che quella era la nostra vocazione, che potevamo osservare la Regola ecc.). «Tutto ciò —le dissero— lo affermano loro, perché dovendo andare in parlatorio sempre accompagnate da qualche monaca non osano dire la verità. Per sapere con certezza la verità ed assicurarsi che sono contente e che stanno in convento perché lo vogliono loro e non per rispetto umano, sarebbe necessario che tornassero per qualche tempo in famiglia. Qui, a poco a poco, arriverebbero a dire la verità per intero e con molta probabilità non torneranno a rinchiudersi dentro quelle quattro mura…».

Oh, poveri infelici e ciechi mondani, quanto bene le vostre opinioni e parole ci mostrano che voi siete avvolti nelle tenebre e nell’errore! Ma sappiate che non potete nulla contro quelli che amano Dio. Le vostre distorte idee non faranno che manifestare la protezione del Signore sopra quelli che Egli ama e sceglie per sé, e mostrare di cosa sono capaci le anime che si appoggiano soltanto a Lui, e cercano il suo amore. Lo vedrete, sì, lo vedrete, e una volta di più resterete svergognati per non essere capaci di disprezzare un nemico così formidabile com’è il mondo, mentre ci sono di quelli che lo disprezzano e lo pongono sotto i loro piedi per la seconda volta, esso e tutti i suoi incanti e le sue attrattive. Così fanno due povere e deboli giovani che la misericordia del Signore ha chiamato e favorito con l’inestimabile dono della santa vocazione.

La mamma tornò al convento per comunicarci la sua nuova decisione. Prima di prendere l’abito religioso era necessario che tornassimo a casa almeno un mese. Terminato questo tempo, se eravamo ancora decise a continuare quella vita, allora ci avrebbe lasciato in pace senza più molestarci. Quando io udii questo, mi sentii trafiggere interamente l’anima. Conoscevo la fermezza della mamma, quando diceva una cosa e quello che era capace di fare per conseguirla. Per farle capire che non avrebbe potuto ottenere questo, ci comportammo come se non dessimo importanza alla cosa, e che la prendevamo come uno scherzo. Dicemmo che stavamo in convento con il permesso dei superiori e che ci trovavamo molto contente e che nessuno ci avrebbe fatto uscire dalla clausura. Anche la Madre Giuseppa appoggiò e difese la nostra opinione, ma a nulla servirono tutte le ragioni che espose. La mamma rimaneva invincibile nella sua idea e ci disse: «Se non consentite per amore, dovrete farlo per forza». E così difatti fu.

Andò dal vescovo, gli espose le ragioni, molto giuste secondo lei. Gli disse che lei non si opponeva in nessun modo alla nostra vocazione, che sapeva molto bene che ognuno è libero di scegliere lo stato che vuole, ma che aveva il diritto di esaminarci e di assicurarsi bene del passo che stavamo per fare, perché lo dessimo con perfetta conoscenza di causa e assoluta e completa libertà.

Il vescovo la ascoltò molto amabilmente ed affettuosamente. Accondiscendendo al suo desiderio, le consegnò un bigliettino per la Madre Giuseppa. La mamma corse contenta e gioiosa a portarlo al convento. Diceva: «Madre Superiora, soddisfaccia il desiderio di questa povera madre. Il Vescovo».

La Madre ci comunicò la notizia e si può immaginare con quanto dolore per noi. Io, vedendo che era inutile parlare e che non c’era rimedio, me ne andai dritta in coro piangendo. Piansi tanto nell’orazione di quella sera che lasciai tutto il banco bagnato, come se avessero versato un vaso di acqua. Non potevo nemmeno pensare di dover tornare alla Babilonia del mondo, dove mi sembrava già un brutto sogno l’esserci stata tempo prima, senza che gli occhi mi si riempissero di lacrime.

Sottomissione alla volontà di Dio

Un giorno venne il P. Germano e la Madre gli disse lo stato di tristezza nel quale mi trovavo. Andai a parlare con lui per avere sollievo e consolazione al mio grande dolore e mi diede invece una correzione ed un rimprovero così forte che mi lasciò mortificata e per sempre convinta della mia imperfezione, e insieme incoraggiata a realizzare meglio quel sacrificio che il Signore mi chiedeva. «Dov’è la tua virtù?», mi disse. «In cosa fai consistere la santità e la perfezione? In quello che ti è gradito o nella volontà di Dio? Se vuoi compiere questa, perché allora fai così? Non sai che più di tutti i beni, di tutti i godimenti spirituali e perfino dello stesso stare in convento, è maggiormente gradito al Signore il sacrificio e l’adempimento della sua santissima volontà, adorando umilmente le disposizioni della sua provvidenza? Se non fai questo, non aspettarti mai di farti santa».

Tutto questo io lo sapevo, e lo capivo molto bene, e avevo già pronunciato il mio fiat,50 ma conobbi anche quanto sia necessaria la prova quando si tratta del sacrificio. Non bastano le parole; solo nella pratica si vede quello che noi siamo e quanto sia facile che ognuno cerchi se stesso invece di Dio. È chiaro che io cercavo me stessa, perché se avessi cercato Voi, Dio mio, la mia sofferenza sarebbe stata più calma, perché Voi, o Dio, vi si incontra ovunque. Ora, per la vostra misericordia, mi sembra che non succeda più così. Non è né il luogo né le persone che mi fanno incontrare Dio e mi fanno godere di Lui dovunque; è l’unione della mia volontà con la sua e siccome questa mi accompagna ovunque io vado e in tutto quello che faccio, mi sento sempre felice. Quando l’anima è unita alla volontà di Dio, scompare il sacrificio. Rimane soltanto il godimento puro dell’amore, che si manifesta meglio che con qualsiasi altro mezzo, con l’adesione all’Amato.

La mamma, tenendo in mano il permesso del vescovo, poteva esigere che noi uscissimo quando lei voleva, ma ebbe la pazienza di attendere la Quaresima, convinta che così, dato che le monache digiunano e mangiano di magro in questo tempo, ci liberava dal digiuno (al quale noi però restavamo obbligate) e ci sottraeva alle penitenze che in modo particolare si praticavano in quel tempo nei conventi.

Quanto è vero che quelli del mondo nei loro amori, nei loro affari, sono spesso più astuti che i figli della luce! Cosa mai afferma, pensa e fa l’amore naturale! O Gesù, perché non facciamo così anche per amare te? Perché non abbiamo la luce. O Spirito Santo, accendi tu il fuoco nei nostri sensi, infondi tu nei nostri cuori il tuo amore perché comprendiamo che, per raggiungere il pur minimo grado del tuo amore, tutte le nostre iniziative che riusciamo a realizzare sono sempre poco in proporzione all’immenso bene con il quale arricchiamo le nostre anime!

Con la tua luce sovrana, o Signore, pure io conobbi quanto si irrobustisce e si consolida questo tuo amore mediante il sacrificio. O Gesù, amante sovrano, se io considero tutti quelli che mi ha chiesto il Tuo amore durante la mia vita, vedo che sono molti, ma sempre graduali, addolciti e temperati dal tuo amore oltremodo materno. Vedo che sei andato graduandoli sempre, secondo lo stato della mia anima imperfetta e delle mie deboli forze e che mi davi le grazie proporzionate ad ogni situazione. E così, se i sacrifici che tu mi domandavi si susseguivano gli uni agli altri, poiché questa è l’economia ordinaria con la quale tu tratti quelli che ami, ugualmente erano continue le tue grazie. Quando terminavo di offrirtene uno, il tuo amore me ne chiedeva subito un altro. Così continui anche ora, perché vuoi che l’amore della tua povera sposa verso di te vada aumentando continuamente, finché rimane nello stato di crescita che durerà lungo tutto questo breve giorno della vita…

Gesù, sono pronta a tutto! Ho già pronunciato tutti i fiat che mi hai chiesto. Soltanto Tu sai quello che mi costarono i sacrifici dell’anno passato e l’ultimo è stato l’accettare l’incarico che ora ho. Ma alla fine con la tua grazia lo pronunziai; potrai chiedermi ancora di più? Non so quali verranno ancora, ma so che attraverso il tuo ministro e Padre della mia anima, mi sono preannunciati ancora maggiori sacrifici; e so pure che il tuo amore non dice mai basta. Tu tieni sempre nuovi modi e nuovi mezzi per chiedere immolazioni alle anime, per tenerle unite a Te, nella tua incessante immolazione di amore per noi nel Santissimo Sacramento. Chiedi quello che vuoi, Gesù! Sono tua, tutto quello che ho è tuo e io voglio dartelo; però non lasciarmi mai sola. Se Tu ti nascondi, lasciami alla tua dolce Madre, e Madre mia amatissima, perché unisca le mie sofferenze alle sue, e per le sue mani purissime siano offerte tutte a te come premio sicuro del mio povero cuore. «Paratum cor meum Deus, paratum cor meum...».51


51 Cf. Sal 56, 8. Letteralmente: «Il mio cuore è pronto, o Dio, il mio cuore è pronto».