21. Tu sarai passionista

21. Tu sarai passionista

Quando il Signore dona ad un’anima la santa vocazione, non sempre gliela dà per un Istituto determinato. Spesso chiama e poi lascia l’anima libera o indecisa sul cammino che deve percorrere o sull’Istituto religioso che deve scegliere per servirlo, finché a poco a poco glielo mostrano le circostanze. Tutte queste vengono disposte dal Signore e sono pure uno strumento del quale egli spesso vuole servirsi per portare le anime al compimento della sua santissima volontà. Così fece con me. Siccome questi modi o mezzi dei quali si servì sono tutti particolarmente provvidenziali, come Dio permettendolo vedremo, voglio renderne noto qualcuno perché sia glorificato l’Amore, quell’amore tenero e generoso che si interessava di me e che regolava tutte le mie cose come se non avesse dovuto occuparsi di nessun’altra cosa. Allo stesso modo procede la bontà divina con tutte le anime che si abbandonano alla sua provvidenza, poiché tutte gli costano lo stesso prezzo.

Il primo tentativo con le Passioniste e con le Cappuccine

Benché a me, come ho già annotato, non fosse stata data una vocazione per un determinato Istituto, tuttavia il desiderio che avevo di solitudine e mortificazione mi faceva inclinare verso le Cappuccine o le Passioniste. Non conoscevo nessuno dei due Istituti se non per quel poco che di loro avevo letto o sentito dire. Delle ultime ero un poco più informata per la relazione che avevo con i Padri Passionisti.

Non molto tempo prima erano andate a Corneto-Tarquinia, nel primo convento fondato da san Paolo della Croce, due ragazze del mio paese. Manifestai un simile mio desiderio al confessore, che lo approvò e mi promise di occuparsi personalmente della faccenda. In effetti, egli, scrisse alla superiora del monastero passionista di Corneto-Tarquinia. Ella in riposta gli comunicò che le religiose, vedendo che le due sopracitate non stavano bene a causa dell’aria non molto salubre del luogo, avevano deciso di non ammetterne altre provenienti da questa regione, cioè dalla provincia di Lucca. È facile immaginare la mia sofferenza davanti a questa risposta negativa, poiché di Passioniste in quel tempo non c’era che quel monastero in Italia e uno in Francia. Vidi improvvisamente come sbarrate le porte e senza sapere a cosa aggrapparmi. Fu allora che ritornai con il pensiero alle Cappuccine, ma senza alcun risultato. Quando Dio non vuole, le creature nulla possono.

Di nuovo alla porta delle Visitandine

Cercai da un’altra parte. Un giorno andai con mia sorella e mia cugina dalle Visitandine di san Francesco di Sales, dalle stesse con le quali anni prima ero stata da sola con tanto imbarazzo e senza risolvere nulla. Anche questa volta doveva succedere la stessa cosa o anche peggiore, permettendolo così il Signore, poiché mi sembra che allora le nostre anime fossero molto ben disposte. Andavamo così decise e così risolute che nessuna cosa poteva opporsi a noi per lasciare il mondo quanto prima. Abbiamo suonato a detto convento con i sentimenti di rispetto e di venerazione con i quali noi ci avvicinavamo sempre a questi luoghi benedetti e soprattutto a quel convento bello e maestoso, dove si vede da ogni parte venerato il Re al quale appartiene: il Cuore di Gesù.

La portinaia, alla nostra domanda di voler parlare con la superiora, ci rispose con molto poco garbo e delicatezza: «Che cosa volete? Se volete farvi monache, sappiate che non ne abbiamo bisogno». Disse questo con un tono dispettoso, come se noi le avessimo offerto una merce da comprare. Questa risposta ci lasciò gelate, ma anche istruite di quanto siano brutti nelle persone religiose quei modi poco cortesi. Quella suora con certezza non aveva imparato il dolce e soave spirito del suo santo Padre e in generale di tutte le religiose della Visitazione.

Visita a un convento di Domenicane

Andammo pure a fare visita alle Domenicane che ci fecero un’impressione molto buona, infatti ci trattarono con molta amabilità e gentilezza. L’unica cosa che non mi soddisfece fu il fatto che mi sembravano poco austere, poiché vedemmo alcune di loro che da una grande grata ci parlavano con allegria e santa libertà, come se ci avessero sempre conosciute. Questo ci diede motivo per pensare che non erano tanto austere, poiché allora noi non sapevamo ancora quanto il Signore ama invece essere servito con santa allegria. Le nostre testoline talvolta pensavano che per essere austere non si dovesse né parlare né ridere, ora certamente non penso più così. Inoltre, proprio quel giorno c’era stata una vestizione e la loro allegria era sicuramente accresciuta dalla circostanza di festeggiare la nuova sorella. Gesù non volle allora che fossi Domenicana, perché voleva farmi più avanti «Domenicana nel cuore», ossia Passionista-Domenicana.

Le prime notizie su Gemma Galgani

Così scorrevano via i giorni e i mesi dell’anno 1904. Era da poco che era morta Gemma Galgani. Ricordo che il giorno della morte di quella Serva di Dio, il Sabato Santo, venne a casa mia una donna del paese e che prima di sposarsi era vissuta a Camaiore. Era figlia dei coloni dei signori Giannini, i benefattori di Gemma. «Sai», mi disse, «che è morta a Lucca in casa della famiglia Giannini una giovane di 24 anni, santa, che aveva le stimmate nelle mani e ai piedi? Molti vanno a vederla, a baciarle le mani, e a chiederle grazie ecc.». Siccome quella donna era un po’ chiacchierona e non molto spirituale, non feci caso a quello che riferiva e lasciai passare la cosa, privandomi, inconsapevolmente, della grande soddisfazione che ora avrei avuto di aver visto Gemma morta e di averle baciato le mani. Questa fu la prima volta che udii parlare della Serva di Dio, perché come ho già detto, credo di averla vista più volte come in seguito mi dissero e che lei abbia visto me, però senza riconoscerci.

L’anno successivo a questo avvenimento, una signora che era venuta a passare l’estate in casa mia, molto pia, che conosceva i miei desideri di lasciare il mondo e consacrarmi a Dio e le difficoltà che per questo avevo, in un’occasione mi domandò: «Bettina, hai deciso di entrare nel convento?». «Ah, signora —risposi—, se sapesse! Sono molto afflitta… Feci scrivere dal confessore alla superiora delle Passioniste di Corneto-Tarquinia ed ha risposto che non ammettono più ragazze di questi luoghi, poiché quelle che vi sono andate non sostengono il clima; perciò devo abbandonare l’idea di farmi Passionista. Non ho avuto il coraggio nemmeno di dirlo alla mamma, poiché sono sicura che anche nel caso che le monache mi avessero ricevuto, lei non me lo avrebbe permesso». Mi rispose immediatamente e con una fermezza che sembrava ispirata: «Non temere; te lo assicuro: tu sarai Passionista. Presto verranno delle monache a fondare un convento a Lucca: tu sarai una delle prime».

Quello che io provai nell’udire quelle parole non posso esprimerlo. Se mi avesse parlato un angelo che Dio mi mandava dal cielo, credo che non gli avrei dato maggior fede, né mi avrebbe prodotto maggior consolazione e sicurezza. Corsi a casa a sfogare la mia gratitudine ai piedi del mio Crocifisso. Inginocchiata davanti a lui, piansi di consolazione e… quante grazie gli dissi e baci gli diedi! Quella signora, donna Angela Bartolucci, sposa di un medico, della quale dovrò parlare un’altra volta più avanti, era amica di donna Cecilia Giannini, madre adottiva di Gemma. Aveva dunque conosciuto la Serva di Dio ed era informata sulla sua vita. Sapeva che lei prima di morire aveva predetto che lì a Lucca ci sarebbe stata una fondazione di Passioniste, che si stava lavorando per portare a termine l’opera e che presto si sarebbe potuto vederla realizzata. Effettivamente, nel marzo dell’anno seguente, 1905, vennero da Corneto-Tarquinia alcune Madri dell’Istituto per dare inizio all’opera. Io, quando quella signora mi disse: «Tu sarai Passionista», non sapevo né avevo saputo nulla di Gemma, né della profezia, né dei mezzi e dei modi per cui ciò sarebbe potuto realizzare, tuttavia lo credevo ed ero pienamente convinta che sarei appartenuta al felice numero di quelle fortunate.28

Quanto è buono, voglio ripeterlo cento e mille volte, quanto è buono il Signore! Lui solo. Lui sapeva quello che io soffrivo; in quale stato fisico mi avevano ridotto i patimenti dell’anima, poiché, desiderando rompere le catene del secolo e volare nella sua santa casa, vedevo come chiudersi tutte le strade. Nella misura che andavano crescendo le mie ansie e i desideri di essere tutta di Dio, aumentava in me il disgusto per tutte le cose del mondo, per le quali sapevo di non essere stata fatta.

Ma se Lui vedeva la mia pena, misurava pure le mie forze e mi preparò pertanto una grande consolazione. Diversamente, era tale la mia debolezza e l’esaurimento fisico nel quale mi trovavo, che senza l’aiuto di Dio credo sarei morta prima che trascorresse l’anno e mezzo, che ciononostante dovetti attendere nel mondo, a partire da quella data.

Oh, come vorrei fare intendere a tutte le anime, specialmente a quelle che si trovano nella sofferenza, come io stavo allora per non poter soddisfare i desideri di consacrarmi al Signore; come vorrei far loro capire la bontà di Dio perché confidino in Lui! Non temano, si stringono sempre più fortemente al suo amore, mediante la fedeltà nel servirlo e rimangano sicure. Dio tutto può e lo fa per l’anima che lo ama. Quando tutti i rimedi si sono esauriti, secondo le misure umane, Lui ne possiede ancora altri infiniti e li mette in atto con piacere per le anime che confidano in Lui e che ripetono con tanto maggior ardore quanti più motivi di confidenza si presentano loro: «In te, Domine, speravi non confundar in aeternum».29


28 Gemma Galgani, in una lettera del 13 ottobre 1901 al suo Direttore straordinario, il P. Germano, gli riferisce queste parole che le disse Gesù: «Figlia, scrivi immantinente al babbo tuo che si rechi a Roma, parli di questo mio desiderio al S. Padre, gli dica che un gran castigo è minacciato e mi abbisognano vittime. Il mio Padre celeste è sdegnato fortemente. Io vi assicuro che se daranno la soddisfazione al mio Cuore, di fare qui in Lucca una nuova fondazione di Religiose Passioniste, così accrescendo il numero di queste anime, le presenterò a mio Padre, ed Esso si calmerà» (cf. Lettere ed Estasi della Serva di Dio Gemma Galgani, a cura del P. Germano di santo Stanislao, Roma 1909, n. 53, p. 57; oppure: Lettere di S. Gemma Galgani, ed. 1941, lettera n. 85, p. 219). Già in data 29 gennaio 1900 in una apparizione san Gabriele dell’Addolorata aveva presentato a Gemma la fondatrice e le prime religiose del nuovo monastero, annunciandole: «Terminati i due anni, in giorno di Venerdì si comincerà l’opera». «E io?», gli dissi. «Tu sarai Passionista» (cf. Lettere di S. Gemma Galgani, ed. 1941, lettera n. 1, p. 7). Madre Giuseppa Armellini e Madre Gabriella Cozzi, accompagnate da don Raffaele Cianetti e dal Sig. Giuseppe Giannini, fratello di Madre Gemma Eufemia Giannini, giovedì 16 marzo 1905 partirono in treno da Tarquinia e nel pomerigio arrivarono a Lucca. Furono alloggiate in casa Giannini. Il 18 marzo, sabato, le due Passioniste da casa Giannini si traferirono al vicinissimo monastero delle Francescane, il monastero di S. Maria degli Angeli, detto comunemente dell’Angelo, in via dei Fossi 8, dove erano state prese delle stanze in affitto. Qui, in casa d’altri, in una forma molto semplice e umile, alla vigilia della festa di san Giuseppe, ebbe inizio la fondazione del tanto desiderato monastero passionista di Lucca.

29 «In Te, o Signore, ho sperato, non sarò confuso in eterno» (dall’Inno «Te Deum»).