Libro Secondo – Dio in tutte le cose

DIO IN TUTTE LE COSE[1]*

Non riempio io il cielo e la terra?” (cf. Ger 23, 24)

gli esseri, orme di dio. Per l’anima che ama diventa normale e come naturale vedere Dio in tutte le cose che esistono. Sembra quasi che essa non abbia più bisogno della fede per credere la verità che questa ci insegna, che cioè l’immensità dell’Essere divino riempie tutte le cose. Questo concorso di Dio, di cui tutte le creature hanno incessante bisogno per esistere, produce nel cuore amante un’impressione così intima e viva della divina presenza, che le fa come vedere e sentire la mano sovrana di Colui che essa ama e che, per un effetto del suo infinito amore, tutto sostiene e governa. Le creature non possono fare a meno di esercitare questa soprannaturale influenza sull’anima, e di indurla ad amare, vedendo in esse Colui che dà loro tutti i suoi incanti, e nel quale il cielo offre sempre nuove attrattive. La natura è come un libro sempre aperto davanti ai suoi occhi, nel quale l’anima vede scritto il nome di Colui che ama: Amore. Tutto ripete incessantemente: Vengo dall’amore, porto amore, porto all’amore. L’universo è un tempio in cui si adora il Creatore, e le creature tutte sono altrettanti altari sui quali il cuore amante eleva all’Altissimo continui sacrifici di lode.

L’anima nella quale la creazione produce questi effetti, e alla quale tutto l’universo parla di Dio rivelandole la sua grandezza, bontà, sapienza e amore, già ama. Dimora e vive nell’amore. Possiede questo inestimabile tesoro che nessuno potrà mai sottrarle. Sarà felice con esso dovunque sia e dovunque vada, potendo partecipare sempre, dovunque si trovi, all’abbondante mensa del Re, godendo della sua continua presenza. Essa può ripetere: Nulla mi manca. Dappertutto trovo Colui che è tutto per me, e lo trovo con tanta abbondanza che mi riempie in modo da non lasciarmi desiderare altro. Quest’anima gode del fiore della creazione, di un aroma che mai svanisce, di un profumo eterno; mentre l’uomo materiale, limitandosi solo alla materia, resta con ciò che il giorno dopo si corrompe e finisce. L’anima che vive in questo ambiente di amore, in questa abbondanza di vita in cui nulla manca, è forse un umile religioso, una povera e ignorante donna, che non attirano l’attenzione di nessuno. Se talvolta queste umili creature passano vicino ad alcuni di quei superbi che il mondo definisce grandi, li eccita al sarcasmo e al disprezzo.

O uomini creati per la Verità eterna, per amare beni infiniti, per possedere una bellezza, una gloria, una bontà eterne, perché vi contentate dell’ombra, dell’apparenza e della menzogna, restando alla superficie delle cose, ammirando la brevità, la bellezza di un’ora, senza cercare il bene eterno, la bellezza eterna che ognuna di esse racchiude per voi? Dov’è il vostro senno, il vostro giudizio? E’ questo il frutto che avete ricavato con tanti anni di studio? E’ questo che avete imparato in quei grandi libri che, con pregiudizio della vostra salute, avete tante volte ripassato? Meglio sarebbe stato non averli aperti, e aver letto solo nel libro della natura, scritto dalla mano del Signore. Aveva ragione l’Apostolo san Paolo di dire che “la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio” (cf. 1Cor 3, 19).

Ascoltate, o uomini, che cosa l’anima impara nel gran libro della natura e confrontate la scienza che possedete con quella dell’umile donna di cui vi parlo…

E’ una povera contadina che non conosce altra lingua che quella del suo villaggio, né altro mondo che quello che si può vedere in mezz’ora di viaggio; che non ha altra cultura se non quella che ha imparato nei pochi anni di scuola nel suo paese. E’ ancora bambina , ma nella sua piccola statura si sente già grande, molto grande. Perché sente in sé la capacità di amare, di possedere un Bene infinito. Ammira intorno a sé la bellezza della natura che solo per undici primavere si è presentata ai suoi occhi adorna delle sue varie e smaglianti vesti… Quanta bellezza nei prati, nei fiori, nei frutti!

Ella contempla il cielo in una notte serena, il sole in un mattino di maggio, che indora le verdi colline, mentre ella va cogliendo per i prati fiori per adornare l’altare di Maria… Che bello è tutto questo!, esclama. Ma dopo pochi mesi, dopo pochi giorni, dopo poche ore, il sole nasconde i suoi raggi, il cielo si intristisce, cadono le foglie, marciscono i fiori, passa maggio con i suoi bei canti dinanzi all’altare della Madre di Dio. Il celeste Giardiniere ha sradicato in poche ore una tenera pianta per trapiantarla negli eterni giardini del Cielo: è un’amichetta della piccola contemplativa… Ma ella ha ormai compreso la grande verità che tutta la natura incessantemente predica, che “la vita dell’uomo è come un fiore che presto marcisce, come un’ombra che svanisce; che tutto presto cambia e passa… “ (cf. Sal 102, 15-16; 143, 47).

Che farà ella? Con quale grandezza colmerà quel vuoto, quella capacità immensa che sente in sé? Tutte le cose passano. Nel corso dei suoi brevi anni, ha visto sparire tutte le bellezze che l’attiravano; solamente è rimasto sempre fisso in fondo all’anima sua un desiderio immenso… la sete di un bene infinito… Colui che lo pose in lei venne ad illuminare la sua giovane mente e ad accendere nel suo tenero cuore il fuoco del divino amore…

Un giorno, pensosa, considerava la brevità di tutte le cose, dicendo a se stessa: Se io trovassi un bene che durasse per sempre, una bellezza e una bontà che mai cambiassero… Solo allora sarei felice! Quanto è penoso amare cose che presto ci mancheranno, che, nostro malgrado, ci saranno strappate un giorno!…

Si ricordò allora di una risposta del Catechismo, che tante volte aveva ripetuto, ma senza rifletterci sopra: Dio è sempre stato e sempre sarà, perché è eterno… Ha trovato finalmente la felicità che cercava. La pace e la consolazione riempiono l’anima sua; la bellezza delle cose che passano l’ha fatta salire a Dio e trovare in Lui l’eterna bellezza a cui il suo cuore aspirava. Consacrò a Dio tutti i suoi affetti e da allora visse solo per Lui. Quando i suoi occhi si posavano su qualche bellezza creata, non la rattristava più, come prima, il pensiero che presto questa doveva finire, al contrario, si rallegrava come se le dicessero: noi passiamo, non siamo come te che sei eterna; la nostra bellezza, il nostro splendore non sono che un riflesso dell’eterna bellezza di Colui che tu ami e che Lui lasciò in noi creandoci, perché tu ti ricordassi di Lui… Passiamo, per ricordare al tuo cuore, che incessantemente vuole godere di un bene senza interruzione, che il suo amore non si limiti a noi, ma salga più in alto, a quel bene che mai cambia…

In questo modo quell’anima continuò ad amare la natura, i bei colori, i fiori e i frutti, non più quelli del suo piccolo villaggio, ma quelli del povero giardino di un convento…

l’universo, annunciatore dell’amore. Imparate, o sapienti del mondo, la vera scienza, la vera grandezza. Voi, nelle bellezze che ammirate, non trovate altro che la soddisfazione di un‘ora, e poi amarezza e tristezza… Al contrario, quelli che amano Dio trovano in esse un bene eterno, che si perfezionerà e non finirà con la morte, perché, amando le cose come Dio vuole che si amino, esse sono eterne. Tutto resta, niente passa per colui che ama Dio…

Manifestate, dove vi sembra che sia la vera grandezza: nell’amare ciò che passa come ombra o ciò che dura in eterno?

E’ così che quelli che amano Dio, amano tutte le cose, come in tutte leggono il suo grande amore e di tutte si servono per salire a Lui e amarlo di più. Non vi è libro che meglio insegni questa scienza divina che quello della natura. Essa parla a tutti, in ogni tempo e in ogni luogo, perché questo, e non altro, è il fine per il quale il Creatore la creò dal nulla: far sentire all’uomo la sua immensa grandezza, essendo insoddisfatto di ogni altra cosa, e farlo elevare a Colui che tutti i beni racchiude in sé per comunicarli a chi lo ama.

Tutto, incessantemente, ci dice che ci sono beni eterni per saziare la nostra anima immortale. Tutte le cose sono come altrettanti messaggeri del nostro Padre celeste, i quali ci vanno dicendo quanto Egli ci ama e come continuamente pensa a noi.

Per te – sembra che ci dica il sole – Dio mi ordina di risplendere tutti i giorni. Come ben si riflettono in questo astro le perfezioni divine, specialmente l’amore, la bontà, la bellezza, soprattutto la bellezza! Quando il sole scompare, tutto si oscura. Quando risplende, dà a tutto luce, vita e fecondità. Con la sua presenza, tutto si allieta. Il sole vede tutto, penetra dappertutto ed è sempre lo stesso. Quante cose sente l’anima che ama, alla vista di questo re della creazione! Come le fa conoscere le glorie del suo Dio! Come le parla dell’altro Sole di Giustizia che tante volte ha operato in lei effetti pari a quelli che opera sulla natura visibile il sole materiale! E’ solo mediante il calore dei suoi benefici raggi, talvolta occulti, tal’altra manifesti, che l’anima amante si sostiene e progredisce nel cammino dell’amore; e così ama e comunica il fuoco dell’amore ad altre anime.

Per te – ci dice l’acqua del mare con il suo incessante movimento – per te Dio mi ordina tutti i giorni il flusso e il riflusso che mi alza e mi abbassa dalle rive al centro e viceversa, per conservarmi incorrotta al suo servizio e dare a tutti anche un’immagine istruttiva della vita, nella quale tutto è incostante, tutto si deteriora e niente dura. Ci parlano della potenza divina quelle onde orgogliose, che sembrano a volte elevarsi fino al cielo, terrorizzandoci, senza che nessuno sia capace di dominarle, e poi, dopo poche ore tornano a seguire tranquille il loro corso, non potendo mai oltrepassare né spingere il loro furore al di là dei limiti che il Creatore ha loro fissati. Poiché, come dice Giobbe, Dio disse loro quando fissava i loro confini: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde” (cf. Gb 38, 11).

Bella immagine anche per le anime! Quante volte si alzano in esse le onde agitate delle passioni o tentazioni che sembrano minacciare un terribile naufragio alla povera barchetta, stanca di lottare; e ad una sola parola del celeste Pilota, nelle cui mani sta il governo del mare e delle anime, tutto subito si calma, continuando più pacificamente di prima la sua tranquilla marcia verso le rive eterne…

Veramente sventurato chi non sente queste voci di amore di tutta la natura! Chi non sa leggere in questo libro scritto dalla mano di Dio, non sa nulla, perché non ha la scienza dell’amore: non sa amare! La contadinella, che si è istruita con questo solo maestro, ne sa più di tutti i sapienti e dotti del mondo, se questi mancano del dono della scienza, con il quale vedrebbero quanto ammirabile ed amabile è Dio, attraverso le sue opere.

il mondo spirituale, manifestazione suprema dell’amore. Ma, oltre al mondo fisico, per l’anima che ama c’è anche un altro mondo infinitamente più grande, più amabile e magnifico, dove ella apprende, meglio che nelle cose esteriori, la grande scienza del divino amore: il mondo spirituale.

Se il mondo materiale è per essa un tempio in cui dappertutto vede Dio presente, e tutte le cose create sono altari sui quali lo adora, la sua stessa anima è il Sancta Sanctorum (cf. Es 26, 34: “Il Santo dei santi”).[2] E’ qui che l’anima apprende la più grande sapienza che il mondo non può conoscere; lì si spiritualizza e si trasforma, facendosi una sola cosa con Colui che ama. “Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito” (cf. 1 Cor 6, 17). E’ qui che sente la sua maestosa presenza più che altrove, ora santa, ora terribile, ora paterna e consolatrice. Se al di fuori di sé lo vede nel sole, nell’acqua, nella luce, nella notte, nel fiore, nell’aria, nell’atomo, alla vista di tutte queste cose si ripercuote, nell’intimo dell’anima sua, come una eco di amore che, diffondendosi in tutto il suo essere, le fa sentire Dio e gustare la soave impressione della sua presenza che tutto riempie con la sua immensità e il suo amore. Lo sente nei palpiti del suo cuore, nei suoi pensieri e desideri. Qui, più che altrove, sente la sua grandezza; qui Dio si unisce all’anima come con un bacio di amore. L’anima riposa in Dio e Dio in essa. La parola è impotente ad esprimere ciò che qui sente, ma essa comprende che sono cose divine che la elevano al di sopra di tutto il creato e le fanno ripetere il cantico di Maria, quando il Verbo s’incarnò nel suo purissimo seno: “L’anima mia magnifica il Signore… Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente” (cf. Lc 1, 46.49). Qui l’anima, nel suo intimo, sente le tenerezze dell’amore, quando sensibilmente gode della divina presenza. Qui, infine, nascono e vivono gli atti eroici di fede, di speranza, di abbandono, sotto l’impulso e la grazia di Colui che opera in essa segretamente e glieli fa produrre. E così l’anima, pur non godendo dell’amore sensibilmente, si sente felice, e non vuole né desidera altro che amare.

Queste sono le anime che danno gioia al Cuore di Dio, perché Egli vede in esse conseguito il fine che lo ha mosso a creare tutte le altre cose: perché servano all’uomo come mezzi per salire a Lui. Fanno sì che, ammirando la creazione, e vedendo che tutto è buono, Egli si compiaccia ancora dell’opera sua. Questo sentimento di gaudio che Dio ebbe dopo aver creato tutte le cose, glielo procurano di nuovo le anime ogni volta che se ne servono per conoscerlo, amarlo e unirsi a Lui, dando principio, fin da questa vita passeggera, a quella vita di amore che raggiungerà la perfezione e sarà eterna in cielo.

Le persone che hanno raggiunto questo grado di amore, che hanno ottenuto questo grande trionfo, di far sì che tutta la natura le aiuti a conseguire il loro ultimo fine, sono quelle che veramente possono chiamarsi grandi e felici. Tutto è inferiore ad esse. Nessuna grandezza umana può eguagliarle, poiché tutte sono come ombra che il sole dissolve, come polvere che il vento disperde.

Le anime fortunate che si trovano in questo stato si distinguono fra mille; pare che portino impresso un sigillo divino. Il loro comportamento esteriore, le loro azioni, le loro parole, tutto in esse ispira rispetto e venerazione: si nota in esse qualcosa di grande, di maestoso. Vivono in un mondo superiore, dove si trovano come trasformate spiritualmente dal contatto con il Dio della purezza e santità, e dalle sensazioni elevate e pure che provano alla sua presenza e da cui sono pervase.

Queste persone si distinguono per la gravità e la compostezza del loro agire, per il rispetto e la venerazione verso persone e cose, perché le considerano come santificate dall’amore, anche verso quelli che sono imperfetti, difettosi o peccatori, perché sanno riconoscere in essi almeno la capacità di poter essere trasformati nell’Amore. Ma in modo speciale, questo rispetto e venerazione si manifesteranno nelle cose che si riferiscono direttamente a Dio e al suo culto.

Per esse niente è piccolo, niente che non attiri la loro attenzione, la loro cura e il loro affetto. In tutto sentono come sensazioni derivate dall’Amore, di quell’amore che è sempre vigile e attivo. Per esempio, alla vista di una chiesa, di un cimitero, di una persona consacrata a Dio, di un Ministro del Signore o di qualche oggetto di devozione, un rosario, uno scapolare, una medaglia, un vaso sacro.

Quando un’anima vede un Crocifisso, sente subito che lì è dove l’Amore, col suo sangue e la sua morte, le aprì la porta dei tesori dell’amore che con tanta profusione essa gode.

Quando vede qualche strumento di quelli che servirono nella Passione di Gesù per tormentarlo, o col solo ricordarli, quante cose le dicono! Come capisce che la Croce, le spine, i chiodi, il fiele e l’aceto continuano ancora a tormentare il suo Amore, poiché continua il peccato che ne fu la causa!

Ama per consolare l’Amante offeso, e sempre le sembra che il suo amore sia insufficiente. Cerca altri cuori che lo amino, e ricorre alla Madre dell’amore per domandarle la tenerezza del suo Cuore amante. Oh, al solo udire il nome di Maria, al vedere l’immagine di questa amata Signora, che cosa prova l’anima che ama! Quali sentimenti di tenerezza si suscitano in essa!

Maria, ella sola è il compendio di tutta la creazione, di tutte le opere divine… In Maria è la bellezza del firmamento, dei suoi astri, la grandezza e le ricchezze del mare, la bellezza e la fecondità della terra, con i suoi monti, i suoi fiori e i suoi frutti. In Maria si vede tutto. Per questo, quando, stanca delle cose esteriori, le sembra che non le basti più nulla né le serva per aiutarla nelle sue ascensioni all’Amore, l’anima amante va ai piedi di questa eccelsa Creatura, in cui Dio ha riassunto tutti i mezzi di cui le anime possono aver bisogno per salire a Lui e crescere nel suo amore.


[1]* Cf. La Vida Sobrenatural, aprile 1927, pp. 217-225.

[2] Secondo la dottrina del Tempio, “il Santo dei santi” era il locale “più santo di tutti” (da qui il nome di “Santissimo”), perché era il luogo dove era sistemata l’Arca dell’Alleanza. In questo ambiente, il più santo di tutto il Tempio, poteva entrare solo il Sommo Sacerdote e solo una volta l’anno. Il termine ha acquistato un significato simbolico ed è usato per indicare il luogo sacro per eccellenza, dove Dio è presente. San Paolo della Croce, a cui Madre Maddalena in quanto passionista, spesso si ispira, usa frequentemente questa espressione per indicare la coscienza, “il santuario interiore”, il centro, il cuore della persona, dove Dio è presente con la sua immagine, vale a dire la parte più spirituale, intima e sacra della persona, dove essa scopre, avverte la presenza di Dio, lo incontra e conclude con lui una alleanza sponsale di fede e di amore. Paolo della Croce, seguendo altri teologi spirituali, arricchisce l’idea con diversi elenchi di sinonimi, mutuandoli in parte dal Cantico dei Cantici, privilegiando però tra essi quelli che contemporaneamente permettevano una possibile applicazione all’Eucaristia, vero “Santo dei santi”, tabernacolo dell’Altissimo: cantina, cella vinaria, sala regia, soprattutto il Cuore dolcissimo di Gesù, unico vero luogo dell’incontro e dell’alleanza tra l’uomo e Dio.