Libro Sesto – La Vittima

LA VITTIMA

Ha dato se stesso per me” (cf. Gal 2, 20)

Mi ha amato e ha dato se stesso per me” (cf. Gal 2, 20), diceva l’Apostolo S. Paolo. Tutti lo possiamo ripetere con lui. “Ha dato se stesso per me”. Dare se stesso è proprietà dell’amore. In ogni tempo, anime grandi si danno a Dio con un abbandono totale e perpetuo. Ma è una miserabile creatura quella che si eleva e si dà sollecitata dalla grazia, perché in realtà non ha di suo se non il non essersi opposta e non aver resistito all’attrattiva della grazia, o forse nemmeno questo. In questo consiste il nostro darci a Dio: ricevere e non disprezzare i doni di Dio, la sua chiamata. Ma che questo lo faccia un Dio, dandosi, con un moto intrinseco del suo amore, ad una sua povera creatura, dandole tutto, finanche la vita!… E non solo si dà, ma permette anche e vuole che al suo sacrificio, alla sua dedizione e immolazione uniamo quella del nostro povero essere. Per questo è rimasto come vittima perenne sui nostri Altari. Per questo, in tutti i momenti del giorno e della notte, il Sacerdote eleva la Sacra Ostia di impetrazione e di propiziazione. Compiendo Gesù il suo sacrificio sulla Croce sul Calvario, dopo il “Tutto è compiuto!” (cf. Gv 19, 30) e l’ultimo respiro, sembra che non vi fosse più che fare né dare. Morire un Dio per le sue creature! Quello sì che è darsi, quello è amare veramente… E tuttavia, Egli non si contenta di quel suo amore. Si dice che l’amore è forte come la morte. L’amore di Gesù andò oltre… Con la sua morte non finì il mondo. Si rinnovò, si aprì il cielo, si fondò la Chiesa con la legge di grazia, si aprirono le fonti di questo tesoro con i Sacramenti e si insegnò a lottare e ad amare fino alla morte. Tutto si deve a Gesù, figlio di Dio, nostro Salvatore.

Ma le generazioni continuarono a susseguirsi su questa terra. Pur avendo lasciato in essa il Redentore tanti beni e tante facilitazioni per acquistare il cielo, gli uomini, figli di Dio, fratelli di Gesù, erano deboli, ciechi, infedeli, ingrati, colpevoli. Le loro colpe, dopo la morte di Gesù, erano ancora maggiori, perché dove abbonda la grazia il male è maggiore.

Il tradimento di un discepolo, la viltà di un altro, l’ingiustizia di quelli che lo condannano, la fuga dei suoi intimi, le bestemmie e gli insulti di tanti, tutto questo vedevano, attraverso i tempi, gli occhi tristi, moribondi, di Gesù, tanto da fargli dire, in cuor suo, angustiato: “Quale vantaggio dalla mia morte?” (cf. Sal 29, 10). Sì, tutti ci vide. E vide che il suo Sangue non sarebbe stato bene utilizzato. Vide e si consolò con un numero di anime fedeli, ma vide un altro numero forse maggiore che si sarebbero perdute, malgrado la redenzione. Come vedesti, Gesù mio, l’anima mia? Tu sai tutto. Tu sai che ti amo, che voglio vivere e morire per il tuo amore; che vorrei farti amare… Tu sai tutto. Ma sai anche che sono debole, che posso cadere ed esserti infedele. Posso, – tremenda
verità! -, posso peccare. Posso perdermi, e per questo, a me e a tutti noi ci dici: “
Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore” (cf. Fil 2, 12). Tutto sapeva e tutto vide Gesù, e il suo amore infinito, prima di lasciare la terra, licenziandosi dai suoi, passando sopra alle malvagità e ai tradimenti – anche miei -, apre il suo Cuore e lascia loro l’ultima e suprema ricchezza, l’Eucaristia. Li ordina Sacerdoti perché possano consacrare il suo Corpo, e immolarlo di nuovo con una morte incruenta sui mistici Calvari dove si offre incessantemente l’Ostia immacolata in cui è presente tutto Lui, vivo e vero, con il suo corpo, il suo sangue e la sua divinità. Di fronte alle malvagità del mondo e mie, Egli ripete continuamente: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (cf. Lc 23, 34). Soffre l’abbandono del Padre suo, per evitare a noi di essere eternamente abbandonati. Da quella fonte sempre aperta scorre il suo Sangue a profitto di tutti gli uomini, affinché tutti quelli che in essa si lavano restino purificati dalle loro colpe, e si rinnovi così la redenzione, se è necessario, per ogni anima; quella redenzione che l’amore di Dio ha voluto che fosse non solo sufficiente, ma sovrabbondante. Gesù! Veramente il tuo amore non è conosciuto. Non si pensa ad esso quando andiamo in cerca di altri amori, quando ci appoggiamo alle creature aspettando da esse ciò che Tu solo possiedi: la giustizia, il perdono, la pace e l’amore. Per darci questi beni, ti immoli continuamente. Al mattino, a mezzogiorno, alla sera, di notte e a tutte le ore, ci ottieni la Giustizia del Padre, perché paghi per noi. Ci ottieni il perdono, perché Tu ti umili e fai la penitenza. Ci ottieni la pace e l’amore, che scendono sull’anima fortunata e riempiono di felicità il giusto, e tornano ad aprire una, dieci e cento volte le porte del cielo con rinnovato e pieno diritto a lui, con la morte mistica di Gesù. Questo sì che è amore. Questo sì che è darsi, con un abbandono senza ritorno, senza voltarsi indietro. Impara, anima mia… Vuoi sapere se ami Dio e il prossimo? Questa è la legge dell’amore; non ve n’è un’altra, perché se ci fosse, Gesù che tanto ci ama e tanto ha fatto per noi, ce l’avrebbe insegnata. Ci ha facilitato in tutti i modi e con tutti i mezzi la nostra salvezza, la via del cielo. Il duro lo ha preso per sé. Per noi, l’amore e la buona volontà.

La Messa non è un pio atto qualunque: è un Sacramento e un sacrificio. Sacrificio della nuova legge, base e centro di tutte le devozioni della Chiesa; centro a cui convergono tutti gli altri misteri del culto cattolico. E’ la realtà, figurata nella Legge antica dal Fuoco Sacro che doveva ardere sempre sull’altare degli olocausti, offerto al Signore, alcune volte come sacrificio impetratorio, altre volte per purgare dai peccati. Allora erano ostie animali, agnelli senza macchia. Ora è l’Agnello divino che sparge il suo Sangue sul santo Altare, affinché uniamo il nostro al suo, associandoci così all’opera eccelsa della Redenzione. In questo sacrificio sta il prezzo sovrabbondante per riparare tutti i crimini. Una sola goccia di quel Sangue, essendo ipostaticamente unito al Verbo di Dio, ha virtù più che sufficiente per salvare mille mondi, perché contiene la pienezza della grazia. Negli altri Sacramenti, la grazia si dà in parte; nel S. Sacrificio dell’Altare siamo di fronte alla sorgente di tutte le grazie. Grazia per compiere i doveri del Cristiano, il primo dei quali è glorificare Dio e adorarlo come l’Essere Supremo, Creatore e Governatore a cui tutto dobbiamo.

Non temiamo né il mondo né l’inferno né la morte. Che ci consoli il ricordo delle Messe che abbiamo ascoltato, e ancor più il ricordo della nostra Messa, quella che stiamo costantemente celebrando con la nostra unione con Gesù, ad imitazione di Maria che fu ostia Immacolata sempre unita a Gesù. “Fate di Gesù la vostra vita, per trasformarvi in Lui ed essere come Maria, portatori di Gesù nel mondo”. Uniti a Lui col sacrificio, nella Messa che si sta celebrando in ogni momento in qualche parte del mondo, potremo dire come S. Paolo: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (cf. Fil 4, 13).