Libro Primo – L’amore può tutto

L’AMORE PUÒ TUTTO[1]*

Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (cf. 1 Ts 4, 3)

E’ volontà di Dio che ci santifichiamo. Lo dice chiaramente S. Paolo, e prima lo aveva detto Gesù: “Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste” (cf. Mt 5, 48). La santità e la perfezione. E’ questo che ci chiede e vuole da noi. E’ questo che Egli cerca e pretende in tutte le circostanze della vita, di ogni giorno e di ogni ora: la nostra santificazione.

Non c’è padre tanto sollecito nel disporre e regolare i propri affari, per preparare un avvenire felice al suo amatissimo figlio quanto Dio, nostro Padre, lo è nel disporre e ordinare tutte le cose che ci accadono per la nostra santificazione. Abbiamo considerato il tenero amore che questa volontà divina comporta nei nostri riguardi? Molti non vedono né scoprono, nella pratica della virtù, questo grande amore del Signore che chiede loro tali atti virtuosi, li aspetta e dà loro la sua grazia per compierli. Considerano la virtù unicamente dal lato più pesante e penoso, riconoscendo che implica una violenza, uno sforzo inevitabile, una lotta da sostenere con la nostra natura corrotta tutti i giorni della vita, senza potersi prendere un minuto di riposo. Tutto questo è vero. Ma questo è solo il lato più penoso. Bisogna considerare le cose sotto tutti gli aspetti. Specialmente nelle cose spirituali, il meglio è sempre il più occulto e nascosto. Se ci si contenta di dare loro uno sguardo superficiale, non si scopre. Quando si vuole davvero apprendere un’arte, una scienza, conseguire una cosa, nessuno si fissa sul suo lato più difficoltoso. Scegliamo piuttosto il migliore, il più attraente e soddisfacente per animarci i più, e, una volta posto mano all’opera, più facilmente si affrontano le difficoltà e si va avanti fino a conseguire il nostro intento. Perché non dobbiamo fare altrettanto nella pratica della virtù e quando si tratta di conseguire la santità, un bene al cui paragone tutti i beni e le ricchezze sono pattume e ogni scienza e dottrina, ignoranza?

Ciò che dobbiamo considerare nella virtù e nella santità è il tenero amore che ci mostra Dio nel volerci santi e perfetti. E’ proprio di un padre che ama i suoi figli desiderare che si assomiglino a lui, e godere di questa somiglianza. Dio è nostro Padre e ci comanda di essere santi e perfetti, affinché, rassomigliandoci a Lui, Egli possa gloriarsi che da tutti siamo riconosciuti suoi figli, riflettendo in noi le sue qualità e la sua bontà.

Questo amorosissino Padre desidera poter ripetere su di noi ciò che disse nel Giordano del suo Unigenito: “Questo è il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto!” (cf. Mt 3, 17).

La santità è amore; il più tenero, il più delicato, e insieme il più certo e sicuro, perché l’amore tende sempre alla somiglianza. Se, quando esercitiamo le virtù, a volte tanto penose per la nostra natura, considerassimo che stiamo eseguendo ciò che l’amore ci chiede, l’amore del nostro Padre celeste, di quel Padre così buono che tiene sempre fissi i suoi occhi su di noi, vegliando su tutti i nostri movimenti interni ed esterni, oh con quanta spontaneità e piacere offriremmo all’Amore opere di amore! L’anima che ha penetrato l’ineffabile mistero di amore che racchiude la santità, non ha più da fare grandi sforzi per conseguirla. L’amore stesso la conduce per i sentieri più aspri e penosi, e tutto le riesce dolce e amabile. L’amore l’accompagna nel sacrificio, la sostiene nelle prove e le scopre orizzonti solo ad esso riservati. L’amore tutto trasforma e trasformata resta la persona fortunata a cui è dato di vedere tutte le cose nell’amore. Allora non le costa più amare il suo Dio, perché vede che può sempre amarlo, se pensa ed è persuasa che crescendo nell’amore che la guida, piace a Dio. Non è necessario, per amare di continuo, senza interruzione, che lo manifesti con parole. Il suo amore lo manifesta con tutto ciò che fa, anche con le cose più insignificanti.

L’amore la muove al bene, un bene che trova dappertutto: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (cf. Rm 8, 28). La virtù non è più cosa violenta, poiché nell’amore non c’è niente di violento; tutto è dolce, amabile, e potrebbe dirsi che non richiede né lotta né contrarietà in niente. Soffrire, mortificarsi, immolarsi, morire a se stessi, tutto questo è come una necessità a cui stimola l’amore stesso.

L’anima amante desidera sacrifici e fatiche; è questo che brama, non il piacere e il riposo. Non tutti capiranno questo linguaggio.

Quelli che guardano alla virtù sotto l’aspetto più triste, considerandola come uno sforzo e una lotta, e vedono il giogo del Signore come un carico da portare se vogliamo salvarci, forse se ne rideranno dicendo: Non c’è niente da fare, “la vita dell’uomo su questa terra è una lotta” (cf. Gb 14, 1). Lo dice lo Spirito Santo. Gesù ci ha detto che “il regno dei cieli patisce violenza. Vim patitur” (cf. Mt 11, 12). Limitandosi unicamente a queste considerazioni, pieni di buona volontà, sono disposti a questa lotta, a farsi questa violenza indispensabile, fino alla fine della vita, per salvarsi. Chi la pensa così, non è in errore. Glielo assicura il divino Maestro. Gli ha dato la sua parola e non può sbagliare; nessuno gli potrà mai dire niente in contrario. Se persevera fino alla fine in queste disposizioni, senza dubbio riceverà la corona promessa a quelli che combattono. Ma se invece di considerare il lavoro della propria santificazione solo sotto questo aspetto, lo considera anche sotto l’aspetto dell’amore, quanto più facile gli riuscirà! La sua perseveranza sarà più certa, la sua vittoria più gloriosa, la sua corona più splendida. Sarà la corona dei santi.

l’amore fa tutto. Il segreto della santità è l’amore. Chi avrà scoperto questo tesoro, col quale può far volentieri a meno di tutti gli altri mezzi che aveva prima, ringrazi lo Spirito Santo, spirito di amore, al quale è riservato di far intendere alle anime i segreti dell’amore. “Fons vivus, ignis, caritas”: fonte viva del fuoco dell’amore; “et spiritalis unctio”: unzione spirituale,[2] per comunicare soavità, dolcezza e attrattiva nelle cose dello spirito. Chi è giunto a questo punto, lasci pure senza esitazione alcuna che l’amore lo possegga completamente e poi dispieghi le vele, le vele dell’amore, e proceda, sicuro di arrivare, con questo vento favorevole, alla vetta della santità. Nei pericoli e nelle tempeste del viaggio, non si spaventi. Sarà l’amore, e non lui, a combattere, a soffrire e lavorare. E poiché l’amore fa tutto, l’amore stesso lo disporrà anche agli abbracci divini, cominciando così a gustare, già in questo mondo, la felicità che lo attende nella gloria.

Prima di giungere a questo, è vero, bisogna passare per l’altra via, più penosa, fatta di violenza e di lotta. Tutti hanno dovuto pagare un tributo più o meno grande ai primi passi nel cammino della santità. Ma bisogna cercare in ogni modo di uscire presto da qui. E questo dipende quasi interamente da se stesso, poiché Dio, da parte sua, quando vede un’anima di buona volontà, altro non desidera che introdurla in questo cammino dell’amore, che tanto lo glorifica nella sua Misericordia.

La nostra natura è molto debole. Non è facile incoraggiarla a procedere nel cammino della perfezione, mostrandole una vita intera di fatiche, di sacrifici, di rinuncia a se stessa. E pensare che la maggior parte di quelli che insegnano la virtù, si esprimono in questo modo! Bisogna farsi violenza, dicono, bisogna lavorare con mani e piedi, bisogna soffrire molto; chi più patisce più è santo. Come se soffrire santificasse per se solo e non fosse l’amore a santificare il dolore! Quando hanno fatto capire questo alle anime, a quelle poverette che hanno avuto in sorte maestri così severi, pare loro di aver fatto tutto. Ma che ricavano da simili insegnamenti? Alcuni atti di virtù praticati a fatica e col cuore a terra. Se invece di questo, mostrassero loro la santità sotto l’aspetto dell’amore, con le attrattive e gli incanti divini che racchiude, dando più importanza a questo aspetto, così da farlo bene intendere, la pratica della virtù verrebbe come conseguenza, da per sé, dolcemente e senza sforzo, unico modo per perseverare in essa e fare che il bene che pratichiamo non sia fatto soltanto di alcuni atti virtuosi isolati – questi non bastano per farci santi -, ma che se ne acquisti l’abito e si consegua la vera e solida virtù. In questo modo, quanto otterrebbero di più gli incaricati di coltivare la vigna del Signore! Si stancherebbero di meno, perché ciò che è buono, siccome piace a tutti, si capisce sempre subito e con maggior frutto, più solido e duraturo.

signore, insegnaci l’amore! Dio amore, apri gli occhi di tanti che ti considerano grande, potente, ricco, ma non amante, amante appassionato di tutte le anime, alle quali vai ripetendo continuamente: “Ti ho amato di amore eterno” (cf. Ger 31, 3). Apri loro gli occhi, Padre amorosissimo! Mostra loro la più grande opera realizzata dal tuo braccio potente, per manifestarci l’amore immenso con cui ci ami; mostra loro il tuo Figlio Unigenito, fatto uomo e morto su una Croce come un malfattore (cf. Gv 3, 16).

Gesù, Verbo eterno del Padre, fatto uomo per amor nostro, fa’ capire alle anime che il “consummatum est” (cf. Gv 19, 30: Tutto è compiuto) che pronunciasti dalla Croce negli ultimi momenti della tua vita, voleva dire: Anime, vi ho amate quanto ho potuto; non potevo amarvi di più, tutto è consumato.

Spirito Santo, amore consustanziale con il Padre e il Figlio; Tu che hai realizzato questi misteri di Amore infinito, fa’ capire alle anime che sei disposto, purché non pongano ostacoli, a realizzare in esse prodigi di amore e di santità.

La morte di un Dio! Ecco il più grande mistero dell’amore. Un Dio morto per l’uomo! Mistero dei misteri che formerà il godimento eterno dei beati nella Gloria. Se capissimo questo, senza bisogno di altre considerazioni, poiché nessuna considerazione ha tanta forza come questa, dovremmo impegnarci a santificarci come spinti dalla forza di tanto amore. Non si può fare di più che dare la vita per chi si ama (cf. Gv 15, 13). Tuttavia, se non siamo ancora capaci di penetrare nelle profondità della carità divina, nell’abisso senza fondo della passione e morte di Gesù, speriamo almeno con santo ardore che venga l’ora di penetrarvi, poiché là dovremo arrivare, se vogliamo raggiungere la perfezione. Il Calvario è ed è sempre stato la cima di ogni santità, e il vertice dell’amore è unicamente dove si potrà dire, come Gesù, il “consummatum est” del nostro amore per Lui. Sospiriamo per quell’ora e intanto disponiamoci con l’amore, poiché solo l’amore ci può disporre a quella mistica morte, preludio alla vita del puro e permanente amore nell’anima.

Siamo piccoli, miseri e vili. Ma non temiamo. Amiamo, procurando di ravvivare continuamente questo fuoco divino nei nostri cuori. L’amore ci darà forza e coraggio.

Con pena abbiamo sentito dire che il Calvario non è luogo per i piccoli o per quelli che seguono il cammino dell’infanzia spirituale. Non è così. Malgrado la mia piccolezza, voglio salire il Calvario; non voglio altra santità al di fuori di quella che si apprende sotto la Croce del mio Gesù morto per me, insieme alla mia Madre Addolorata, la Vergine Maria. Santificarmi lontano dal Calvario mi scoraggia più che salirne l’aspra costa. Per quelli che non possono salire da soli, con i propri piedi, ci sono diversi mezzi per esservi portati. Io scelgo per me il veicolo più facile e sicuro – l’amore -, che mi porterà dove io non posso arrivare. Come la maestra della vera “infanzia spirituale”, santa Teresa di Gesù Bambino, dirò: Sia l’amore l’ascensore che sollevi tutte le anime piccole fin sul Calvario; e una volta lì, l’amore ci istruirà. Se non possiamo stenderci sulla Croce per morirvi inchiodati come Gesù, lo consoleremo coprendo con fiori di piccoli sacrifici quel trono di dolori, dal quale Egli ha attirato a sé i nostri poveri cuori, guadagnandosi il nostro amore.

Sul Calvario ci sono due modelli perfettissimi di santità: Gesù e Maria. Per le anime grandi che lottano e trionfano con la forza e il sangue, sia Gesù il loro esemplare. Egli è il Gigante che è venuto dal cielo per lottare contro l’inferno per tutta l’Umanità e vincere con la sua morte.

Per le anime piccole c’è Maria, la madre dei piccoli. Pur essendo santissima, pura, immacolata, Ella è creatura, figlia di Eva, sorella nostra, che ha avuto principio nel tempo, come noi. In Lei non ci sono né piaghe né sangue. C’è solo il martirio del cuore, prodotto dall’amore, quel martirio che fa grandi i piccoli, e li santifica, e li eleva fino al Trono di Dio.


[1] * Cf. La Vida Sobrenatural, luglio 1925, pp. 14-24.

[2] Cf. Sequenza di Pentecoste: Veni, Sancte Spiritus.